Sindacalista birmano: il governo civile "burattino" nelle mani dei militari
U Maung Maung sottolinea che “non vi sono facce nuove”, in un Parlamento composto da militari ed ex uomini in divisa. Il neo-presidente “recita una parte assegnata”, non vi sarà “condivisione del potere”. Un invito alla comunità internazionale a non riconoscere il governo: “la dittatura si sta sgretolando, qualche colpo e crollerà”.
Yangon (AsiaNews) – Il governo “civile” birmano, che da ieri ha sostituito la giunta militare al potere per 20 anni, non porterà grossi cambiamenti in Myanmar e non sarà garante di una maggiore democrazia. È il parere di alcuni esponenti dell’opposizione democratica birmana, fra cui il sindacalista Maung Maung che sottolinea ad AsiaNews di non vedere “facce nuove” in Parlamento o nell’esecutivo. Il neo presidente Thein Sein, nel suo discorso inaugurale, ha annunciato di voler modernizzare e rafforzare le forze armate, per una migliore difesa del Paese. Egli rispedisce al mittente la richiesta di “dialogo” proposta dai leader della Lega nazionale per la democrazia (Nld), ignorando di fatto l’invito ad un vero cambiamento rivolto dal segretario generale Onu Ban Ki-moon.
Nel discorso al Parlamento – riunito in seduta comune e a porte chiuse ieri a Naypyidaw, capitale del Myanmar – il presidente Thein Sein ha promesso il rafforzamento delle forze armate e la lotta alla corruzione, insieme all’aumento del salario minimo e a una maggiore protezione dell’ambiente. Egli ha parlato di “neo-imperialisti” che “hanno gettato lo sguardo sulla nostra nazione” perché “strategica a livello geografico ed economico”. Per questo sarà necessario “difendere il Paese” per “evitare la distruzione”, attraverso “forze armate dure, capaci, patriottiche e moderne”.
Nei giorni scorsi la Nld, attraverso il vice-presidente Tin Oo, ha invitato il governo al “dialogo politico”, per una riconciliazione nazionale. Thein Sein respinge la proposta, precisando che bisogna rafforzare “le comunicazioni, i trasporti, l’educazione, l’economia”, bollando come “insufficienti” i “generici inviti al dialogo” dell’opposizione. Infine ha invitato i governi occidentali a trattare il Myanmar come “una vera democrazia” e a “rimuovere le sanzioni” economico/commerciali che bloccano lo sviluppo.
Interpellato da AsiaNews U Maung Maung, segretario generale di National Council of the Union of Burma – organizzazione fondata nel 1992 con lo scopo di raggiungere una piena democrazia in Birmania – è categorico: “non vi sono facce nuove – spiega – perché il Parlamento è costituito al 25% da militari e al 73% da ex uomini in divisa o esponenti dello Uspd”, il partito di maggioranza Union Solidarity and Development Party emanazione diretta della giunta militare. “Non esiste la possibilità – continua – di emendare la Costituzione, una pre-condizione per poter partecipare alle elezioni. Non abbiamo fiducia in questo cosiddetto governo ‘civile’”.
Commentando le parole di Thein Sein, il sindacalista birmano – protagonista di primo piano della lotta democratica – spiega che “è stato molto chiaro sin dai primi giorni del referendum, quali sono gli obiettivi del generalissimo Than Shwe: esercito, esercito, esercito. Non vi sarà alcuna condivisione del potere e Thein Sein recita solo la parte che gli è stata assegnata”.
Per il futuro, U Maung Maung sottolinea che “le persone desiderano il cambiamento, persino all’interno della cerchia militare”. Egli rivela che “vi sono stati casi di ammutinamento delle truppe attorno a Rangoon (l’attuale Yangon, ndr), perché hanno chiesto maggiore denaro e salario… e anche il dialogo”. “Non ci sarà nessun cambiamento – conclude il sindacalista – se Than Shwe ha mano libera per fare quello che vuole.”. Da ultimo invita la comunità internazionale a “non riconoscere né il Parlamento, né il nuovo governo”, perché il vero cambiamento si otterrà solo “esercitando pressioni per il dialogo: la giunta militare si sta sgretolando, ancora qualche colpo bel assestato e crollerà”.
Anche Ohn Kyaing, portavoce di Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione, sottolinea che “questo non è il cambiamento auspicato dal popolo birmano”, perché basato sulla Costituzione del 2008 che “non è inclusiva, nonostante la comunità internazionale avesse chiesto pari diritti per tutti”. Dialogo e maggiore collaborazione fra governo e opposizione è quanto auspica Ban Ki-moon, per la nascita di “un sistema di governo credibile”. Il segretario generale Onu invita infine a “rispondere alle decennali aspirazioni dei birmani per la riconciliazione nazionale, la democrazia e il rispetto dei diritti umani”. (DS)
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