22/06/2006, 00.00
India – Cina
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Sikkim, la Chiesa denuncia: "La Via della Seta minaccia i tribali"

di Prakash Dubey

Alla vigilia della riapertura del millenario passo himalayano, la diocesi di Darjeeling avverte del rischio che corrono le tribù che vivono nella zona. Un tribale: "Non siamo contro il passo, ma non vogliamo sparire e siamo pronti a combattere per evitarlo".

Gangtok (AsiaNews) – La riapertura della Via della Seta "minaccia la vita dei Bhutias e dei Lepchas, tribù fra loro sorelle che per secoli hanno vissuto all'ombra del passo ed ora rischiano l'estinzione".

La denuncia viene da padre Alex Gurung, segretario del vescovo di Darjeeling, che ad AsiaNews spiega: "Quello che per alcuni è sviluppo e modernizzazione, per altri è distruzione ed inquinamento. La vita di queste due tribù sarà colpita duramente, tanto che la loro cultura ed il loro impianto sociale potrebbero non sopravvivere". "Nessuno li ascolta – aggiunge – ma d'altra parte c'era da aspettarselo. Davanti al commercio, nessuna voce viene ascoltata, tanto meno una così flebile".

Il millenario passo himalayano del Nathu La – la "Via della Seta" a quattromila metri sul livello del mare, che unisce il Tibet e lo Stato indiano del Sikkim – verrà riaperto il 6 luglio dopo 44 anni di chiusura dovuta al conflitto sino-indiano. Christie Fernandez, segretario aggiunto al Commercio dell'Unione indiana, ha guidato una nutrita delegazione a Lhasa, capitale del Tibet, dove ha dato gli ultimi ritocchi alle modalità tecniche dell'accordo. Al termine della visita, il 20 giugno, ha "inaugurato informalmente" il passo attraversandolo per raggiungere Gangtok, capitale del Sikkim.

La decisione di riaprire il Nathu La ha carattere economico: a coloro che useranno il passo per commerciare non verrà richiesto il passaporto, ma solo un visto, ed attraverso esso si immetteranno merci "di ogni tipo" da un Paese all'altro. Ad oggi, solo 29 prodotti nazionali erano autorizzati allo scambio fra India e Cina.

Prabhat Pahadi, veterano del conflitto sino-indiano, dice ad AsiaNews: "L'accordo era già pronto dal 2005, ma la Cina ha voluto ritardare l'apertura per permettere la conclusione della linea ferroviaria che porta a Lhasa. Inoltre, doveva terminare le strutture di difesa sotterranee per garantire la sicurezza dei soldati di stanza qui".

L'autostrada servirà come "collegamento ideale con il passo. In questo modo, il commercio avrà una strada dritta che porta dal centro della Cina fino in India. Il giro d'affari toccherà 40 milioni di dollari entro la fine del 2006, ma sono sicuro che ne dovremo parlare in termini di miliardi già dal prossimo anno".

Ruben, un giovane Lepcha, dice ad AsiaNews che "nessuno è contrario all'apertura del passo. Vogliamo solo che vengano prese le misure adeguate per fare in modo che questo nuovo traffico non distrugga la nostra vita. Siamo una minoranza, ma siamo pronti a combattere anche davanti alle Nazioni Unite per avere queste garanzie"

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