Si teme il peggio, ma il popolo apprezza l'uccisione di Yassin
"L'Europa non ha capito la lezione di Madrid"
Gerusalemme (AsiaNews) A tre giorni dall'uccisione di Ahmed Yassin, l'opinione pubblica in Israele in larga maggioranza sembra convinta che l'azione di rappresaglia è stata una mossa giusta.
Da trasmissioni non-stop, commenti politici, articoli di giornali emerge che secondo il pubblico ebraico Ahmed Yassin meritava di essere condannato a morte. Egli è ritenuto responsabile della morte di centinaia di israeliani e del ferimento di migliaia negli attentati terroristi, ideati ed eseguiti da Hamas, da solo o in collaborazione con altre organizzazioni armate.
Solo alcuni politici dell'opposizione e giornalisti ritengono che l'azione sia stata un errore. Il motivo: essa aumenterà la rabbia e spingerà più elementi palestinesi a compiere azioni di vendetta.
In Israele, l'attesa di nuovi attacchi terroristi è palpabile. Le misure di sicurezza sono notevolmente aumentate: guardie armate ovunque, considerevole presenza di poliziotti, soprattutto a Gerusalemme, ai check-point, nei punti di passaggio fra Gerusalemme est e quella ebraica.
Tutto il paese discute sull'uccisione di Ahmed Yassin, sulle possibili conseguenze, sui vantaggi acquisiti, sui pericoli incombenti.
Fra le voci moderatamente critiche del governo, la più autorevole è quella del capo del partito laburista Shimon Peres, ma fra i politici le voci critiche sono in netta minoranza.
Sdegno e sgomento invece da parte dei parlamentari arabi d'Israele. Per loro l'uccisione è un fatto illecito e un errore. La stragrande maggioranza del pubblico israeliano sostiene invece che è giusta la misura adottata contro colui che personalmente e come organizzazione rappresenta la minaccia terroristica.
Ai timori che Hamas possa lanciare ora una guerra senza quartiere, gli analisti rispondono che non è probabile: Hamas non ha forze militari che possano sfidare in aperta battaglia il preponderante esercito israeliano; si può al massimo prevedere un maggior numero di aderenti alle azioni contro Israele. Ma i sostenitori della decisione del governo ribadiscono che l'attività di Hamas è sempre stata senza quartiere. "Se da parte di Hamas non vi è stata più violenza - ha dichiarato un politico, a condizione di anonimato - è per la mancanza di mezzi, non certo per mancanza di volontà".
Israele sembra non temere nemmeno il coro di condanna dei paesi arabi. Secondo il governo "la condanna è solo rituale" e non porterà ad alcun cambiamento di posizione.
Gli esperti di terrorismo si domandano invece se Hamas cambierà la sua politica. Finora essa limitava rigorosamente la sua azione a Israele e ai territori occupati; ora potrebbe intraprendere azioni terroriste all'estero. All'interno e all'esterno di Hamas c'è un dibattito sul da farsi: se aprire il campo alle operazioni terroristiche in America o no. Vi sono quelli che avvertono che è una possibilità; altri invece minimizzano. Si tratterebbe infatti di un profondo cambiamento di natura. Finora, per ragioni di immagine, Hamas ha sempre agito in Israele e nei territori occupati. Questo le ha permesso di non inimicarsi la comunità internazionale e mantenere una distinzione rigorosa fra Hamas e gli elementi internazionali del terrorismo islamista.
Un ultimo punto sulle condanne europee. Gli israeliani sono da sempre convinti che l'Europa non è né sincera né coerente. Si domandano come mai anche la Gran Bretagna, alleato degli Stati Uniti nella tanto discussa guerra in Irak, si sia permessa di qualificare l'azione israeliana come illegale.
Secondo politici, militari, ex militari, esperti di anti-terrorismo, saggisti, orientalisti, l'Europa non ha ancora assimilato la lezione di Madrid secondo cui il terrorismo va combattuto ovunque, sempre e con tutti i mezzi.