Si rinsalda l’asse Pechino-Teheran: la Cina contraria a nuove sanzioni
Il ministro degli esteri cinese incontra Hillary Clinton e sottolinea: “Con gli ayatollah si deve trattare, dobbiamo usare la diplomazia”. Sul progetto americano di inasprire le sanzioni in sede Onu cala anche il “niet” di Mosca.
Londra (AsiaNews/Agenzie) – Con l’Iran “si deve dialogare. La questione del nucleare di Teheran dovrebbe essere risolta tramite sforzi diplomatici e negoziati”. Lo ha detto ieri Yang Jiechi, ministro cinese degli Esteri, ai margini della Conferenza internazionale dei Paesi donatori dell’Afghanistan. Dopo un incontro privato con il Segretario di Stato americano Hillary Clinton, Yang ha spiegato: “Noi crediamo che ci si debba concentrare sulla ripresa dei colloqui”.
La dichiarazione è una risposta alle richieste dell’amministrazione americana, che vorrebbe far approvare nuove sanzioni contro il regime di Teheran da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma per ottenerle deve convincere Pechino e Mosca, membri permanenti del Consiglio con diritto di veto. La Clinton, da parte sua, ha sottolineato come “l’Iran non ha fatto alcuno sforzo per trovare un compromesso con la comunità internazionale sul proprio programma nucleare”.
In effetti, gli ayatollah hanno rinunciato lo scorso anno alla proposta avanzata dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Questa aveva infatti avanzato l’ipotesi di far arricchire l’uranio iraniano in delle centrali occidentali, che poi l’avrebbero rimandato in patria. Appoggiata dal 5+1 – il gruppo composto da Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina, Stati Uniti e Germania – l’ipotesi è stata rigettata dal governo Ahmadinejad.
Anche la Russia si dice “perplessa” davanti all’ipotesi di inasprire le sanzioni. Il ministro degli Esteri del Cremlino Sergei Lavrov, dopo un incontro sempre con la Clinton, si è allineato alla posizione cinese. In concreto, l’idea americana sarebbe quella di penalizzare economicamente alcune industrie collegate con le Guardie della Rivoluzione iraniane e soprattutto di colpire il settore finanziario.
Secondo fonti diplomatiche occidentali, il timore di Pechino è quello di perdere uno dei suoi maggiori importatori di petrolio e gas naturale. Affamata di fonti energetiche, la Cina continua a sostenere governi e regimi del Terzo mondo anche a livello diplomatico, in cambio di un binario preferenziale nel ramo energetico.
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