Si cerca una soluzione politica. Vescovo di Tripoli: non dimenticate Gheddafi
Tripoli (AsiaNews) – Italia, Francia, Gran Bretagna, Usa e rappresentanti di Lega araba e Unione africana, tentano una soluzione politica per affrontare la crisi libica. La riunione del gruppo di contatto si terrà oggi a Roma. All’incontro partecipano i rappresentanti di 22 Paesi e di sei organizzazioni internazionali: Ue, Onu, Nato, Lega Araba, Oci (Organizzazione delle conferenza islamica),Consiglio di cooperazione del Golfo.
“Aprire al dialogo è la cosa migliore da fare – afferma ad AsiaNews Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli - le bombe della Nato non servono a nulla e occorre considerare tutte le parti in campo, non solo i ribelli”. Il prelato sottolinea che la popolazione desidera la pace, non la guerra e anche le autorità libiche sono sensibili in questo momento a gesti di apertura, in grado di offrire l’ipotesi di un dialogo fra la parti e la fine delle ostilità.
Mons. Martinelli invita i membri del Gruppo di contatto a considerare la possibilità di un governo di transizione presieduto anche da membri del regime, per evitare che si diffondano odio e diffidenza fra la popolazione. “E’ ovvio che Gheddafi non rinuncerà al suo potere – fa notare il vescovo - ma penso che sia disposto a fare un passo indietro, magari cedendo il posto a un membro della sua famiglia”.
Il Gruppo di contatto per la Libia, sta discutendo l’invio di aiuti umanitari e denaro ai ribelli della Cirenaica, che in questi giorni hanno chiesto l’invio di 3 miliardi di dollari Usa per pagare i costi della guerra e della nuova amministrazione creata dopo la rivolta. I ribelli hanno lanciato anche un appello per l’invio di armi e aiuti umanitari.
“Tutti parlano di aiutare i ribelli – afferma mons. Martinelli – i giornali scrivono sulla difficile situazione umanitaria nelle città della Cirenaica, che è drammatica, ma nessuno parla della popolazione di Tripoli, ugualmente stremata dalla guerra e dai bombardamenti Nato”. Il prelato spiega che anche a Tripoli e nelle altre aree del Paese servono aiuti, soprattutto negli ospedali, dove mancano personale e medicinali. “Purtroppo – sottolinea - il governo è restio a chiedere l’invio di aiuti umanitari, non vuole piegarsi, per ovvie ragioni. Ma io sto tentando un accordo per consentire l’ingresso di un gruppo di Medici senza frontiere”. Secondo mons. Martinelli l’invio di aiuti anche dall’altra parte del fronte, può essere un’occasione per diminuire tensioni e odio e creare un contatto diretto con Tripoli, che controlla ancora la maggior parte del Paese.
Il prelato avverte sui rischi di un finanziamento esclusivo dei ribelli, che potrebbe alimentare un clima di anarchia e di odio. “Dalla zona di Bengasi – racconta - mi giungono notizie preoccupanti. Ieri, due miei confratelli sono stati aggrediti da due persone che volevano rubare loro l’auto”. Secondo mons. Martinelli nelle aree controllate dagli insorti “tutto sembra fuori controllo, vige l’anarchia, i delinquenti girano liberi per le strade”.
“Nonostante le difficoltà – afferma – a Tripoli la situazione è migliore e in molti hanno paura di quello che accadrà con la dipartita di Gheddafi”. (S.C.)