Shahbaz Batthi ucciso da una “mafia” di fondamentalisti che tengono in ostaggio il governo
di Fareed Khan
Il ministro delle minoranze, Salman Taseer e altri vittime di “movimenti organizzati” che lottano per il potere. Le violenze hanno generato paure tali da far cadere ogni discussione in merito alla legge sulla blasfemia. Ma i cristiani devono coltivare la speranza e, con l’aiuto della Chiesa universale, costruire un futuro migliore.
Islamabad (AsiaNews) – In Pakistan domina “una sorta di mafia” che tiene in ostaggio il Paese e lo “destabilizza in nome della religione”; combattere questa organizzazione criminale “è molto importante” ma è altrettanto importante “pensare a come combatterla”, potenziando la scuola e il livello di istruzione. È quanto afferma ad AsiaNews p. Bonnie Mendes, sacerdote e figura di primo piano della Chiesa cattolica pakistana, secondo cui sono stati i “militanti estremisti” riconducibili ai movimenti organizzati “a uccidere Salman Taseer, Shahbaz Bhatti e David Qamar”. Questi omicidi, inoltre, “hanno generato paure” tali da far cadere qualsiasi discussione su emendamenti alla legge sulla blasfemia.
Salman Taseer, governatore del Punjab e strenuo oppositore delle leggi sulla balsfemia, è stato ucciso il 4 gennaio da una delle sue guardie del corpo per aver preso le difese di Asia Bibi, 45enne cristiana e madre di cinque figli, condannata a morte in base alla "legge nera" e in attesa dell'appello. Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze, è stato assassinato da un commando armato il 2 marzo scorso; governo e forze dell'ordine si rimbalzano le responsabilità per la morte del politico cattolico, ma i colpevoli sono ancora a piede libero. David Qamar, 55 anni, è morto in carcere a Karachi, dove scontava una condanna all'ergastolo per blasfemia. Le autorità del carcere hanno parlato di un arresto cardiaco, ma la famiglia sospetta che l'uomo sia stato avvelenato.
P. Mendes, dal 1986 al 1999 segretario esecutivo della Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Conferenza episcopale, spiega che le organizzazioni mafiose operano “sotto il manto della religione” e “sono causa di sofferenze” per tutta la nazione. Dopo la morte del ministro cattolico per le Minoranze, “la situazione dei cristiani pakistani sarà come è sempre stata” perché “emergeranno altri leader e le cose continueranno”. “Magari non vi personalità di spicco come Shahbaz Bhatti – aggiunge – ma ve ne saranno di altri”.
Per p. Mendes, attuale coordinatore regionale di Caritas Asia, la nomina di Paul Bhatti – fratello del ministro cattolico assassinato – alla presidenza di All Pakistan Minorities Alliance (Apma) “è molto significativa”, perché dimostra che “il gruppo non vuole divisioni” al suo interno. P. Mendes chiarisce che al momento è prematuro valutare se Paul “sarà un buon sostituto di Shahbaz”, ma è fondamentale che “non vi siano divisioni nel gruppo”, anche perché Shahbaz Bhatti “non si è formato in un giorno, ma ha avuto bisogno di tempo”.
L’obiettivo più urgente è di “eliminare la discriminazione verso le minoranze religiose” in Pakistan e per far questo sarà necessario “sedersi e discutere”. Egli invita a centrare l’attenzione sul fenomeno diffuso della discriminazione, “non solo su una legge in particolare” (il riferimento è alle famigerate leggi sulla blasfemia, ndr). In questo modo, chiarisce, “non si offendono” gli animi della maggioranza musulmana, non si offrono pretesti alla frangia estremista e “sarà possibile fare di più per i cristiani perseguitati in Pakistan”.
Dopo la morte di Salman Taseer e Shahbaz Bhatti, spiega il sacerdote, “la gente non vuole più parlare di leggi sulla blasfemia perché ha paura”; tuttavia le organizzazioni a tutela dei diritti umani “cercano ugualmente di lottare contro le discriminazioni nel Paese”. P. Mendes non intravede “soluzioni a breve termine”, ma pensa piuttosto che sia necessario guardare al lungo periodo, promuovere l’educazione, eliminare la discriminazione dal livello più basso, anche nelle scuole e “per questa ragione sento il bisogno di incentivare la nascita di istituti cattolici”.
“A livello personale – sottolinea il sacerdote – ritengo fondamentale lo studio per i giovani” anche se oggi in Pakistan “costa moltissimo”. I giovani cristiani hanno talento e capacità, ma non hanno stimoli per affrontare percorsi di studio più impegnativi e qualificanti, perché l’accesso a professioni di maggior livello e prestigio è precluso. In questo senso, aggiunge, “è fondamentale l’aiuto dei partner internazionali”. La comunità cristiana pakistana, conclude p. Mendes, “è forte e determinata, con l’aiuto della Chiesa universale sarà possibile costruire una Chiesa forte anche in Pakistan”.
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