06/08/2007, 00.00
AFGHANISTAN - SUD COREA
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Seoul spera che a Camp David si sblocchi la crisi degli ostaggi

Il presidente Karzai è negli Usa per incontri con George W. Bush, ma ha già ribadito il no allo scambio dei 21 prigionieri, soluzione richiesta dai talebani e osteggiata da Washington. Ancora fermi i negoziati tra Seoul e gli “studenti coranici” che minacciano nuove uccisioni. Comunità cattolica internazionale a Kabul preghiere “incessanti” per la loro liberazione.

Kabul (AsiaNews) – A Seoul si spera che gli imminenti incontri tra il presidente afghano Karzai e quello statunitense Bush possano sbloccare la crisi dei 21 ostaggi sudcoreani, ancora nelle mani dei talebani dallo scorso 19 luglio. Pochi finora i segnali incoraggianti: ieri Hamid Karzai, in partenza per Camp David, ha ribadito che il suo governo non soddisferà le richieste dei rapitori. I talebani - che hanno sequestrato il gruppo di 23 coreani nella provincia meridionale di Ghazni - chiedono il rilascio di altrettanti loro miliziani detenuti nella base statunitense di Bagram. Due degli ostaggi sono già stati giustiziati.

Per salvare il gruppo, tutto composto da cristiani presbiteriani, Seoul ha aperto negoziati diretti con i talebani, ma senza successo. Yousuf Ahmadi, portavoce degli “studenti coranici”, ha fatto sapere che un faccia-a-faccia tra autorità sudcoreane ed i rapitori potrà avvenire solo in territorio sotto controllo talebano o in un luogo dove l’Onu garantisca la sicurezza dei militanti. Lo stesso Ahmadi ha avvertito che altri prigionieri potrebbero essere uccisi “in ogni momento”, visto che non è stato fissato alcun ultimatum.

All’ambasciata sudcoreana a Kabul vi è grande aspettativa negli incontri Bush-Karzai, anche se Washington ha più volte ricordato la necessità di non fare alcuna concessione agli estremisti e si è detta a favore di un intervento deciso. Seoul ha chiesto in modo diplomatico “flessibilità” nei negoziati, mentre in Corea monta il sentimento anti-Usa con manifestazioni e proteste, che chiedono il “ritiro delle truppe statunitense dalla penisola coreana”.

 Nel frattempo in tutto il mondo si continua a pregare per la vita dei 21 cristiani. Lo stesso fa la comunità cattolica internazionale presente in Afghanistan, come riferito da p. Giuseppe Moretti. Il parroco dell’unica chiesa del Paese, interna all’ambasciata italiana, ha detto ad AsiaNews: “Da settimane preghiamo incessantemente per loro”.

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