15/02/2022, 10.49
COREA DEL SUD
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Seoul, l’Ordine buddista di Jogye in piazza contro il governo

di Guido Alberto Casanova

I religiosi accusano l’esecutivo di “politiche discriminatorie” e di favorire la religione cristiana. Nel mirino il parlamentare del partito democratico Jung Chung-rae. A innescare la controversia accuse di truffa e sfruttamento dei luoghi di culto per denaro da parte dell’Ordine. Sullo sfondo le elezioni presidenziali e il timore di ripercussioni sul voto. 

 

Seoul (AsiaNews) - Gli ultimi mesi sono stati segnati da un lungo moto di subbuglio per il buddhismo in Corea del Sud. La più importante corrente del Paese, denominata Ordine di Jogye, è infatti entrata in conflitto aperto con il governo di Seoul e per settimane si è mobilitata per esprimere il proprio scontento. Nonostante la maggior parte della popolazione religiosa in Corea del Sud sia di fede cristiana, secondo un censimento del 2015 i seguaci del Buddha sarebbero non meno di 7,6 milioni.

I dissidi tra l’ordine di Jogye e il governo sono iniziati verso la fine del 2021 quando Jung Chung-rae, un parlamentare del Partito Democratico di Corea attualmente al governo, ha criticato l’ordine religioso per la pratica di far pagare ai visitatori l’ingresso ai propri templi. Nello specifico, durante un accertamento parlamentare a ottobre Jung (che siede nella commissione per la cultura, lo sport e il turismo) ha accusato il tempio di Haein di far pagare anche i visitatori del parco circostante, paragonando l’amministrazione del sito alle truffe ingegnate dal personaggio del folklore coreano Kim Seon-dal.

L’Ordine di Jogye, che appunto gestisce il tempio facente parte del patrimonio Unesco, ha subito respinto le accuse e domandato le scuse di Jung. Che però non sono arrivate.

I monaci buddhisti hanno quindi iniziato a organizzare dimostrazioni pubbliche davanti alla sede del partito democratico per domandare le dimissioni di Jung. Nel frattempo si sono aggiunti nuovi motivi di malcontento, quando a dicembre l’esecutivo ha deciso di stanziare una somma per aiutare i piccoli commercianti a pagare i diritti musicali delle canzoni natalizie, nel tentativo di promuovere lo spirito dei festeggiamenti. Un portavoce dell’Ordine aveva dichiarato che questa era “una promozione esplicita di una specifica religione da parte del governo, spingendo la popolazione verso una particolare musica religiosa”. Anche la proposta di istituire un pellegrinaggio cattolico in Corea ha incontrato resistenze, per via dell’inclusione di alcuni siti rilevanti anche per la fede buddhista.

Per dimostrare il proprio disappunto contro quelle che sono state percepite come politiche discriminatorie, l’Ordine di Jogye ha organizzato una manifestazione a Seoul il 21 gennaio alla quale hanno preso parte 5000 monaci buddhisti. La protesta si è svolta in un’atmosfera decisamente ostile al governo: secondo le parole di Wonhaeng, la guida dell’Ordine, nell’attuale esecutivo democratico “le opportunità non sono state eque, il processo non è stato corretto e i risultati non sono stati giusti”, riprendendo con tono sarcastico un pezzo del discorso inaugurale del presidente Moon Jae-in pronunciato nel 2017.

Le imminenti elezioni presidenziali, in programma il 9 marzo, hanno dato però grande eco alla vicenda. Secondo quanto raccontato dallo stesso Jung Chung-rae, una persona vicina al candidato democratico Lee Jae-myung lo avrebbe avvicinato per convincerlo a dimettersi dal partito per evitare che le sue dichiarazioni controverse sul tempio buddhista potessero danneggiare la campagna elettorale.

L’Ordine buddhista ha già suggerito che potrebbe indire nuove proteste entro la fine del mese se Jung non viene estromesso dal partito. Tuttavia, la stessa posizione dei monaci buddhisti ha attirato essa stessa critiche da parte della società sudcoreana, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione di assembramenti così ampi di persone nonostante la situazione pandemica sia in rapido peggioramento nel Paese. Tanto che la settimana scorsa Wonhaeng è dovuto intervenire personalmente, esprimendo comprensione per le critiche ma chiedendo al pubblico di capire anche le motivazioni della protesta.

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