20/08/2009, 00.00
CINA
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Senza democrazia, Pechino raccomanda di ascoltare le petizioni popolari

In Cina chi non ottiene giustizia rivolge una “petizione” al governo, retaggio del sistema imperiale. Spesso le autorità locali non rispondono a queste richieste e gli autori vanno fino a Pechino per interpellare il governo centrale. Esperti: la giustizia non si ottiene con nuove regole ma con il rispetto dei diritti e la democrazia.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo si impegna a dare una pronta risposta alle petizioni popolari, per evitare che gli scontenti vengano a Pechino per presentare le loro proteste. Esperti osservano che per migliorare il rispetto dei diritti umani non servono nuove regole, ma occorrono cambiamenti strutturali e maggiore democrazia.

Ai funzionari locali è ordinato di sentire chi presenta petizioni e dargli risposta entro 60 giorni. Le petizioni potranno essere presentate anche via internet. In precedenza non era previsto alcun limite e un elevato numero di autori di petizioni, constatato che le autorità locali non volevano dar loro giustizia, sono sempre venuti a Pechino per rivolgersi al governo centrale. Le petizioni presentate a Pechino sono molte migliaia, tante da creare imbarazzo al governo, seppure molte persone sono sempre state intercettate e rimandate indietro prima che arrivassero nella capitale.

Esperti osservano che questo sistema è stato instaurato in epoca imperiale, quando ogni suddito aveva il diritto di chiedere giustizia all’imperatore, se gli era stata negata dai governanti locali. Ma è tuttora visto da molti come unico modo di ottenere giustizia, a fronte della corruzione diffusa tra le autorità locali e della subordinazione dei giudici al Partito comunista ovvero ai suoi leader locali.

Per controllare l’operato delle autorità locali, Pechino dice che invierà funzionari esperti legali nelle zone dove ci sono più petizioni.

L’agenzia statale Xinhua commenta che si vuole così eliminare un sistema inefficiente per assicurare una giustizia più rapida ed efficiente. Ma analisti osservano che il cambiamento rischia di essere solo formale e che occorrerà vedere come sarà applicato in provincia. Essi notano che sul sito web del governo centrale il 6 agosto è comparsa l’osservazione che così si vogliono anche impedire proteste e mantenere un ambiente tranquillo in vista del 60° anniversario della Repubblica popolare di Cina, che cade il 1° ottobre e per il quale sono previste imponenti celebrazioni.

Gli attivisti per i diritti umani hanno spesso accusato la polizia di arrestare in modo illegale chi va a Pechino per presentare petizioni, di percuoterli e tenerli per tempo indeterminato in prigioni “fantasma” la cui esistenza è ufficialmente negata.

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