Senza alcun progresso i dialoghi con gli inviati del Dalai Lama
Pechino (AsiaNews) – L’8° giro di dialoghi fra gli inviati del Dalai Lama e il governo cinese, dal 30 ottobre al 5 novembre, è terminato senza risultati apparenti. I comunicati usciti dalle agenzie di stampa in Cina e quello degli inviati tibetani fanno l’elenco degli incontri con i responsabili del Fronte unito e della Regione autonoma tibetana, parlano del viaggio-visita alla regione autonoma del Ningxia, ma non fanno vedere alcun progresso. Anzi, un commento di Du Qinglin, ministro del Fronte unito, mostra che Pechino dà poco spazio a qualunque manovra o gioco.
In un comunicato di Xinhua, pubblicato ieri, Du mette in chiaro che qualunque futuro per il Tibet deve prevedere “la continuazione della leadership del Partito comunista cinese, il socialismo con caratteristiche cinesi, l’autogoverno come è iscritto nella costituzione”.
In tutti questi anni, su pressione di Pechino che l’accusa di voler dividere l’unità della nazione cinese, il Dalai Lama ha dichiarato varie volte che egli non cerca indipendenza per il Tibet, non vuole ricorrere alla violenza, ma desidera un’autonomia culturale e religiosa per salvare il popolo tibetano dal genocidio culturale, suggerendo per il suo Paese una struttura simile a quella di Hong Kong e Macao, nel quadro di “un Paese, due sistemi”.
Du ha tenuto a precisare che l’autonomia regionale proposta dalla costituzione cinese è diversa da un sistema federale o dallo schema “un Paese, due sistemi” previsti per Hong Kong e Macao. È un
Sistema politico fondamentale [che]…non permette la promozione del separatismo etnico sotto il manto di una ‘genuina autonomia etnica’”. “Genuina autonomia etnica” era il tema di un memorandum presentato dagli inviati del Dalai Lama in questo giro di incontri.
“Per il Tibet - ha aggiunto Du - non c’è né ‘indipendenza’, né ‘semi-indipendenza’, né ‘indipendenza di fatto’”.
Giorni prima dell’incontro, il Dalai Lama aveva espresso il suo pessimismo sui dialoghi e ha proposto di escludersi dai rapporti con la Cina, riservandosi un ruolo più religioso e meno politico. A questo scopo egli ha indetto un raduno speciale il 17 novembre a Dharamsala (India) perché i tibetani possano valutare e scegliere le piste per il loro futuro. In vista di tale raduno, gli inviati del Dalai Lama non hanno fatto nessuna dichiarazione o valutazione del dialogo con Pechino, riservandosi di farlo dopo l’incontro di novembre. Il timore del Dalai Lama e di molte personalità tibetane è che l’indurimento di Pechino e l’infruttuosità dei dialoghi scateni una risposta violenta fra i giovani del Tibet e una nuova feroce repressione da parte di Pechino.
27/05/2020 11:23