13/02/2004, 00.00
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"Sempre più profondo il divario fra la massa e la classe dirigente"

di Pierre Balanian

Roma (AsiaNews) – Venticinque anni fa, milioni di iraniani, accoglievano l'ayatollah Khomeini, rientrato dall'esilio. Lo Sciah di Persia era stato deposto, tutti credevano nella nascita di un Iran democratico. Oggi, l'Iran attraversa una crisi politica interna molto acuta. La generazione post-rivoluzionaria ha perso ogni entusiasmo. Secondo dati ufficiali, l'affluenza alle urne per le municipali dell'anno scorso è stata del 20%. Disinteresse per la politica, ma anche per la religione. Le moschee, una volta colme di fedeli, sono ora spesso semi vuote. Nel suo discorso di ieri, il presidente Khatami ha parlato dell'importanza per il paese di "proseguire sulla via delle riforme", per non diventare un secondo Afghanistan ed  "opporsi alla libertà ed alla democrazia in nome della religione". AsiaNews ha parlato con Ali Azadi (pseudonimo),  un esule iraniano che vive a Roma e che collabora con varie organizzazioni umanitarie, in difesa del popolo iraniano e pur non facendone parte appoggia l'opposizione iraniana all'estero. All'epoca della Rivoluzione aveva 22 anni ed aveva lottato per la libertà e la democrazia.. Per parlare delle riforme interne iraniane del presidente Khatami, cita un proverbio iraniano "un serpente non partorisce una colomba".

 

L'Iran ha festeggiato mercoledì 11, i 25 anni della Rivoluzione. Che sensazioni ha provato lei stando qui a Roma?

 

Quei giorni me le ricordo, come i giorni più belli della mia vita. L'11 febbraio era per noi un giorno gravido di speranze. Segnava la fine della dinastia tirannica e di 2500 anni di regime imperiale. Avevo 22 anni ed ero testimone di un evento storico. Ero fiero di vedere in edicola dei giornali, magari anche, di ideologia opposta alla mia. La gente era felice. Ma purtroppo tutto questo giubilo è durato poco. Hanno subito tradito la nostra fiducia. Come dice un grande saggio iraniano Sayyed Mohsen "Il più grande dei tradimenti è tradire la fiducia della gente". La gente ha posto tutta la sua fiducia in Khomeini che ha potuto accedere al potere, anche perché non vi era alcuna altra alternativa. Lo sciah aveva eliminato tutti i personaggi carismatici che si opponevano al suo despotismo.

 

Come valuta oggi la situazione in Iran ?

 

E' sempre più profondo il divario fra la massa e la classe dirigente Non esiste oggi alcun giornale di opinione opposta al regime in Iran. Questo basta per capire quanta democrazia ci possa essere. Se volessimo parlare poi dei valori islamici, in Iran dilaga oggi l'uso di sostanze stupefacenti fra i giovani, il numero dei tossicodipendenti è il più alto in tutta la regione del Medio - Oriente. Esiste poi, un giro spaventoso di prostituzione. Quali dei slogan lanciati durante la Rivoluzione sono stati poi concretizzati in azioni  sul terreno? Nessuno. La gente non vede più alcuna alternativa né tanto meno spera che qualsiasi cambiamento possa avvenire dall'interno.

 

Ci sono però i riformisti, guidati da Khatami, votati dal popolo nel 1997, e quel processo era stato definita una rivoluzione all'interno della rivoluzione.

 

Si per la seconda volta è stata tradita la fiducia della gente. Khatami era il ministro della cultura del regime islamico. Come dice un nostro proverbio: un serpente non partorisce una colomba. Si è a lungo sperato di giungere ad un cambiamento che potesse scaturire dall'interno dello stesso regime. Non è successo nulla. Khatami era venuto per dare al mondo una parvenza di cambiamento e togliere l'Iran dall'isolamento internazionale. Ma in fondo, non è cambiato nulla. Dal 1° gennaio di quest'anno ad oggi, ho delle prove in mano, sono stati giustiziati  in luoghi pubblici 50 persone. Khatami è figlio del Khomeinismo.

 

Allora lei aveva 22 anni, come vive oggi la generazione giovanile post-rivoluzionaria?

La gioventù iraniana di oggi nata e cresciuta sotto questo regime è molto disinteressata alla politica ed alla religione. Si sentono privati di un avvenire, senza alcuna prospettiva futura. Non è permesso loro vivere la loro gioventù. Qualsiasi raduno di dieci persone provoca l'intervento  dei pasdaran ( i guardiani della rivoluzione ndr). Non essendoci poi luoghi di svago si rinchiudono a casa, molti di loro cadono in preda alla droga. I giovani iraniani di oggi sono dei giovani solitari, nulla a che vedere con la nostra generazione dell'epoca. Questo mi dispiace tanto. Vivono in un sistema proibizionista. Noi siamo un paese che ha 3 mila anni di storia e di civiltà, un regime del genere non può soffocare a lungo la nostra cultura millenaria.

 

Il 20 febbraio ci saranno le elezioni, è possibile sperare in un cambiamento?

 

La gente diserterà le urne. Il popolo vuole un referendum non delle elezioni. La gente sa perfettamente che il loro voto non cambierebbe nulla. Cambiano soltanto gli slogan, le parole, le promesse, ma null'altro di fatto. Esiste tuttavia una speranza, la gente è stanca, gli universitari, domenica scorsa, hanno chiesto a gran voce un referendum. Esiste un'alternativa al regime, ma non dall'interno. I leader iraniani attuali sono i più grandi nemici dell'Islam. L'Iran, nella storia ha conosciuto molti momenti difficili, il popolo ha sempre saputo resistere. Nemmeno sotto i Mongoli la gente ha mai pensato ad emigrare. Da quando invece è arrivato al potere questo regime fondamentalista, ed in meno di 25 anni, si è formata una diaspora iraniana nel mondo che conta circa 6 milioni di esuli. L'iraniano ama la propria libertà, ma questa epoca  è una delle pagine più nere della storia del mio popolo. 

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