Semidistrutta da un incendio una moschea in Cisgiordania
I palestinesi puntano il dito contro i residenti delle vicine colonie israeliane, che negano ogni responsabilità. La polizia israeliana non esclude la possibilità di un cortocircuito, ma fonti dell’esercito indicano un possibile collegamento con il “prezzo da pagare”, una serie di raid contro i palestinesi. L’accaduto alza comunque la tensione, mentre è appena arivato l’inviato di Obama, Gordon Mitchell.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Un incendio ha distrutto quasi interamente, stanotte, una moschea del villaggio di Libban al-Sharqia (nella foto), vicino Ramallah, in Cisgiordania. I palestinesi sospettano dei residenti delle vicine colonie israeliane di Shilo, Ma'ale Levona e Eli, mentre la polizia israeliana, che sta indagando, non esclude la possibilità di un corto circuito. Come che sia, l’accaduto - che ha precedenti - contribuisce ad alimentare un clima di tensione proprio sugli insediamenti, che non favorisce l’azione dell’inviato speciale del presidente Obama, Gordon Mitchell, arrivato ieri in Israele per riprendere i “colloqui indiretti” tra israeliani e palestinesi per un rilancio del processo di pace.
Quanto all’incendio di questa notte, Majed Daraghmeh, capo della commissione per il mantenimento della moschea, ha raccontato che intorno alle 3 della notte i residenti hanno udito l’arrivo di alcune auto, ma non hanno avuto il coraggio di uscire, perché erano sicuri che si trattasse di coloni. “Ma, alle 3.45, quando l’imam è arrivato per preparare la preghiera del mattino, la moschea era in fiamme. Il fuoco ha distrutto l’80, 90% dell’edificio”. Egli aggiunge che la parte della moschea ove si è sviluppato l’incendio non aveva collegamenti elettrici, a causa dei lavori di ristrutturazione in corso, e che una prova del dolo viene dall’avervi trovato una pila di copie del Corano.
Il Binyamin Regional Council, che raccoglie alcuni degli insediamenti israeliani della zona, ha respinto le accuse. “L’esercito israeliano si è affrettato a indicare i coloni, ma dagli esami in corso non sono emerse prove che l’incendio sia stato appiccato e certamente non da noi”.
Fonti dell’esercito, in effetti, hanno avanzato la possibilità che l’incendio rientri tra gli atti del cosiddetto “prezzo da pagare”. E’ la scritta “price tag”, che si è trovata in alcune precedenti attacchi contro villaggi palestinesi della zona. Essa sta a indicare il “prezzo” che i palestinesi debbono pagare per ogni azione che l’esercito israeliano compie, su ordine del governo, per fermare gli insediamenti illegali. A ogni distruzione di un edificio delle colonie, insomma, corrisponde un attacco. Così, due giorni fa, sono stati incendiate due automobili di palestinesi e su un muro del villaggio è stato scritto, appunto, “price tag”, con accanto la stella di David. A dicembre la scritta era comparsa su una moschea incendiata del villaggio di Hawara, vicino Nablus. La polizia fermò un giovane della vicina colonia di Yitzhar e interrogò anche un rabbino, ma non ci furono arresti.
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