Segni di ripresa nell’economia cinese, ma la strada è ancora lunga
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Banca mondiale (Bm) dice che l’economia cinese crescerà nel 2009 del 7,2%, invece che del 6,5% stimato a marzo. Il recupero è attribuito in gran parte ai massicci finanziamenti statali a favore di ditte cinesi. Ma il Consiglio di Stato di Pechino ha dichiarato oggi che, anche se l’economia interna mostra segni sempre maggiori di recupero, tuttavia siamo a un punto cruciale e occorre proseguire l’impegno.
Secondo il Consiglio, “le basi della ripresa economica non sono solide, in alcune regioni la situazione è molto incerta e ci sono settori e ditte ancora in difficoltà”.
Nelle ultime settimane vi sono stati incrementi per la vendita dei beni al dettaglio, la produzione industriale e agricola, gli investimenti e i finanziamenti bancari, ma sono pure diminuiti ancora le esportazioni e i finanziamenti esteri diretti.
La Bm ritiene che questa ripresa è soprattutto conseguenza dei forti investimenti realizzati dallo Stato per 4mila miliardi di yuan. Nei primi 4 mesi del 2009 gli investimenti pubblici nel settore produttivo sono aumentati del 39%, rispetto al +13% dello stesso periodo nel 2008. Ma l’economia cinese è sempre in difficoltà per il forte crollo delle esportazioni, che la Bm prevede che crescano nei prossimi 10 anni solo del 9% annuo, dopo anni di aumento di oltre il doppio.
Anche per questo l’istituto ritiene improbabile che la Cina possa compiere una veloce ripresa. Esso ammonisce inoltre Pechino che “non è necessario l’attuale protezionismo [del governo cinese] e con probabilità nemmeno opportuno”, attuato con riguardo agli indicati finanziamenti pubblici.
Da più parti Pechino è accusata di avere destinato i finanziamenti per 4mila miliardi a vantaggio delle ditte cinesi, con esclusione di quelle estere, in modo da attuare un vero protezionismo per consentire alle proprie ditte di rimanere competitive. Sul sito web della Commissione per la riforma e lo sviluppo nazionale il 26 maggio è apparsa la notizia che oltre i due terzi dei 4mila miliardi di yuan sono destinati a ditte cinesi. Ieri la Camera di commercio americana in Cina ha ammonito contro il possibile protezionismo, sia in Cina che negli Usa, osservando che la scelta su come impiegare simili finanziamenti dovrebbe seguire ragioni economiche e sociali, non politiche.
Con la crisi finanziaria in atto, Pechino ha attuato in varie occasioni misure a tutela delle sue ditte nei confronti di quelle estere. Ad aprile il ministro per le Ferrovie ha dichiarato che indica alle ditte del settore di utilizzare materiali prodotti in Cina.
Jorge Wuttke, capo della Camera dell’Unione europea di commercio in Cina, ha accusato le autorità di privilegiare le ditte domestiche nella selezione per realizzare impianti per lo sfruttamento dell’energia solare, assumendo come criterio il prezzo chiesto per la realizzazione nel quale i cinesi sono più competitivi, invece che standard di uso internazionale quali la prevista durata dell’impianto.
Ma Pechino è molto preoccupata per le decine di milioni di migranti che hanno perso lavoro. Il 15 giugno Yin Wiemin, ministro delle Risorse umane e per la sicurezza sociale, ha dichiarato che da questi finanziamenti il governo spera derivino 22 milioni di nuovi posti di lavoro.