Sciopero contro il controllo del web, mentre Pechino fa marcia indietro
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Sommersi da critiche in Cina e all’estero, la Cina ha deciso di posporre la data in cui tutti i computer devono avere un filtro il Green Dam (la diga verde). Ma uno sciopero per boicottare la scelta del governo resta in atto.
Oggi, 1° luglio era la scadenza posta da Pechino perché tutti i computer venduti in Cina siano provvisti di un software che dovrebbe filtrare i siti internet, evitando il collegamento con siti violenti o pornografici. La decisione presa in maggio dal Ministero dell’industria e della tecnologia dell’informazione, ha incontrato molte resistenze da parte delle ditte costruttrici, di associazioni internazionali di business e dalla maggior parte degli internauti cinesi.
Ieri sera il ministero ha comunicato che la data per l’istallazione del filtro viene ritardata, ma senza dire fino a quando. Esso continuerà a offrire gratis il software a scuole e internet café.
Secondo la Computer System Engineering, la compagnia cinese che produce il software, il programma è molto apprezzato da genitori e scuole ed è stato già scaricato 7,17 milioni di volte dal sito della compagnia.
Almeno 22 Camere di commercio e gruppi di business legati alle ditte di computer hanno inviato una lettera aperta al premier Wen Jiabao chiedendo al governo di cancellare l’ingiunzione.
Le critiche maggiori vengono da blogger e internauti in Cina, secondo i quali il software serve a controllare ancora di più i contenuti di internet, soprattutto per tematiche non amate dal governo, quali democrazia, Tibet, Falun Gong e libere discussioni.
Uno dei più critici è l’architetto Ai Weiwei, che ha contribuito al famoso stadio olimpionico “Nido d’uccello”. Ai, molto critico verso le politiche di Pechino, aveva lanciato per oggi uno sciopero sull’uso di internet. Anche se il governo ha fatto una temporanea marcia indietro, egli ha detto che lo sciopero va avanti. A suo parere - e secondo altri blogger e internauti - la decisione di ritardare la messa in atto della Green Dam è dovuta alla pressione locale e internazionale, ma la partita non è ancora vinta. “Moralmente – ha detto – nessun governo ha diritto di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Voler installare a tutti costi il software in ogni personal computer danneggia i diritti dei cittadini”.
Alcune ditte produttrici di computer – fra cui Toshiba e Acer – hanno già messo in vendita macchine provviste della Green Dam. Altre, come Dell e Hewlett-Packard, continuano ad attendere sperando in una soluzione diplomatica.