Sciiti e sunniti: nuove violenze, vecchi rancori
Gli scontri fra le due fazioni islamiche hanno causato più di 4000 morti dal 1980. Più che cause internazionali, vi sono tentativi di scuotere la politica del presidente Musharraf.
Lahore (AsiaNews) Le violenze delle prime due settimane di ottobre fra sciiti e sunniti hanno fatto tremare il governo, portando il paese al centro dell'attenzione dei media di tutto il mondo. Nello stesso tempo, esse hanno fatto emergere diversi interrogativi: sono solo scontri fra fazioni in lotta? Un risultato della guerra al terrore sostenuta dal governo? Sono episodi che riguardano la politica mondiale? Oppure qualcosa legato alla politica interna? Non va dimenticato infatti che il 12 ottobre di 5 anni fa il generale Musharraf prese il potere nel paese, cacciando l'allora primo ministro Nawaz Sharif.
Il 1° ottobre 30 persone sono state uccise da un attentatore che si è fatto esplodere durante la preghiera del venerdì in una moschea sciita, nel distretto orientale di Sialkot. Una settimana dopo a Multan, circa 40 sunniti sono morti e più di 100 feriti dallo scoppio di una bomba fra la folla. I manifestanti, vestiti a lutto, si erano riuniti per onorare il primo anniversario della morte del leader religioso sunnita Azam Tariq. Molte delle vittime erano seguaci del Sepah-i-Sahab (compagnia dei soldati di Maometto), estremisti fuorilegge sunniti capeggiati da Tariq e responsabili di diversi attacchi sanguinosi contro la comunità sciita pakistana. Domenica scorsa, infine, sono morte 4 persone in una moschea sciita di Lahore: un attentatore suicida prima ha aperto il fuoco sulla folla e poi si è fatto esplodere.
Negli scontri degli ultimi giorni sono morte più di 75 persone; sono 164 le vittime dall'inizio del 2004. Dal 1980 ad oggi le violenze fra sciiti e sunniti hanno causato più di 4000 morti.
Secondo il governo pakistano questa ondata di violenza potrebbe essere la conseguenza delle operazioni antiterrorismo in Wana, o dell'assassinio, avvenuto lo scorso 26 settembre, di Amjad Farooqi, leader della cellula pakistana di al-Qaeda; egli era sospettato di diversi attacchi terroristici perpetrati dentro e fuori il paese.
Mushaid Hussain Syed, segretario generale della lega musulmana pakistana (PML), ha affermato che le ragioni dei recenti attacchi sono da ricercare fra i nemici dello stato: essi vogliono creare un senso di insicurezza nella popolazione, alzare il livello difensivo del paese e fomentare gli scontri fra le fazioni in lotta.
Le divisioni in seno al mondo musulmano risalgono alle origini dell'Islam; esse sono collegate alle controversie che seguirono la morte di Maometto. Gli sciiti sostengono che alla morte del profeta, il cognato Ali avrebbe dovuto prendere le redini del comando: essi lo considerano il primo imam (guida spirituale dei musulmani sciiti) della storia dell'islam.
I sunniti, al contrario, credono che il califfato doveva andare ad Abu Bakr, uno dei compagni del profeta Maometto. I sunniti considerano Ali il quarto califfo dell'Islam, ma non lo riconoscono come prima guida spirituale del mondo islamico.
Lo scisma nel mondo musulmano risale a più di 13 secoli fa, agli albori dell'Islam, ma la violenza settaria fra sciiti e sunniti che insanguina il Pakistan deriva dalla Rivoluzione Islamica in Iran e dall'invasione sovietica in Afghanistan, entrambe datate 1979.
Il reclutamento di combattenti da inviare in Afghanistan con l'obiettivo di fermare l'avanzata sovietica voluto da Arabia Saudita e Stati Uniti ha dato nuova linfa all'estremismo sunnita in Pakistan e in tutta la regione. Va inoltre sottolineato che la rivoluzione islamica in Iran, paese a maggioranza sciita, ha stimolato la crescita dell'estremismo sciita. I rimedi presi dal presidente pakistano, gen. Zia ul-Haq, per garantire un maggiore controllo del paese contribuirono a fomentare l'odio e le divisioni. Le origini delle fazioni estremiste (Sepah-i-Sahab, Sunni Tehrik e Tehrik-e-Jafria) risalgono alle scelte politiche fatte all'epoca della dittatura militare.
Safarez Naeemi, del Difai-islam Mahaz (Fronte di Difesa Islamico) ha definito i recenti episodi di violenza "una cospirazione dei servizi segreti per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai problemi che riguardano il presidente Musharraf e la sua doppia carica di presidente e di comandante delle Forze armate".
L'analista politico Hasan Ascari Rizvi, ex preside della facoltà di scienze politiche della Punjab University di Lahore, afferma che "le recenti ondate di violenza sono un tentativo di distogliere l'attenzione dagli sforzi che il governo ha intrapreso per smantellare i gruppi di miliziani".
"Essi usano la violenza continua il prof. Hasan Rizvi per colpire il governo e per sedere al tavolo del dialogo. In questo modo mostrano di essere forti a sufficienza per colpire il governo e sminuirne la credibilità".
Secondo I.A. Rehman, direttore della commissione per i diritti umani pakistana, più di 10 mila madrassas (scuole musulmane, ndr) pakistane fomentano l'odio e lo scontro fra le fazioni del paese. Le violenze settarie sono il risultato del lavaggio del cervello di migliaia e migliaia di giovani studenti degli ultimi anni nelle madrassas. Per loro il modo migliore per fomentare la cultura dell'odio e della violenza è partire dai più giovani. Per frenare le voci che parlano di spaccatura fra sciiti e sunniti, il Fronte di Difesa Islamico ha rivolto un appello agli ulema e ai leader religiosi per osservare una giornata di solidarietà nazionale (lo scorso 15 ottobre), invitando la popolazione all'unità e all'armonia.