07/06/2011, 00.00
SIRIA
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Scambio di accuse tra governo e oppositori sull’uccisione di 120 agenti della polizia siriana

Le fonti governative accusano “bande armate”, mentre secondo i gruppi che chiedono democrazia gli uomini della sicurezza sono stati fucilati perché si sono rifiutati di sparare sui dimostranti. Notizie di manifestazioni da numerose città e anche dal campo profughi palestinesi di Yarmouk. La Turchia torna a chiedere ad Assad di seguire la via delle riforme.
Beirut (AsiaNews) – La Siria sta divenendo sempre di più un mix di proteste, repressione, uccisioni, disinformazione e promesse. Così è per quanto accaduto ieri a Jisr Ash Shughur, cittadina del nordovest del Paese, vicino al confine con la Turchia. L’agenzia ufficiale SANA e la televisione di Stato hanno raccontato di “bande armate”, che hanno ucciso 120 militari e uomini delle forze di sicurezza, 80 dei quali in un assalto al quartier generale di queste ultime, che “cercavano di salvare cittadini terrorizzati”.
 
Commentando l’accaduto, il ministro degli Interni, Mohammad Ibrahim al-Chaar ha detto che “lo Stato reagirà con fermezza, con forza e secondo la legge e non resterà con le braccia incrociate di fronte ad attacchi armati che attentano alla sicurezza della patria”.
 
Del tutto opposta la versione data da vari gruppi degli oppositori, secondo i quali, in realtà, c’è stato un ammutinamento di agenti delle forze di sicurezza che si rifiutavano di sparare sui dimostranti e che sarebbero stati fucilati. Quanto afferma il regime, aggiungono, serve a giustificare l'imminente ingresso dei carri armati dentro il centro abitato “per punire gli abitanti che avevano manifestato pacificamente venerdì scorso” e che da sabato hanno già avuto 37 vittime.
 
Notizie diffuse su internet da gruppi dissidenti raccontano di scontri e uccisioni anche a Deir Ezzor, Talbisseh, Homs, Idlib, Jabla e Hama, oltre che in alcune zone della capitale. E spari si sarebbero uditi ieri anche all’interno del campo di rifugiati palestinesi di Yarmouk, a sud della capitale, durante i funerali di nove giovani uccisi nelle manifestazioni al confine con Israele. La folla avrebbe lanciato slogan contro il regime siriano e i leader palestinesi residenti a Damasco.
 
Una richiesta al governo di “porre fine alla spirale di violenze e assassini” è venuto ieri da sei gruppi siriani per i diritti umani, che chiedono al Consiglio di sicurezza di occuparsi della situazione del loro Paese, mentre oggi una delegazione di organizzazioni per la tutela dei diritti umani si reca all’Aja per chiedere un intervento della Corte internazionale di giustizia.
 
Il governo, oltre che accusare “bande armate” appoggiate da estremisti islamici e agitatori stranieri, fa promesse sulla liberalizzazione di partiti politici, che dovrebbe porre fine al ruolo del Baath, il “partito-Stato” degli Assad.
 
Esortazione al presidente a seguire la via delle riforme continua a venire dalla Turchia di Erdogan, che ha trovato un singolare alleato in Walid Joumblatt. Il presidente del Partito progressista socialista libanese, attualmente schierato con la maggioranza filosiriana, chiede ad Assad di incrementare le riforme promesse e di porre fine all’uso della forza contro i gruppi di opposizione. (PD)
 
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