Sarkozy a Beirut: una visita di amicizia che non nasconde le sfide
di Fady Noun
Il presidente francese ha espresso l’appoggio del suo Paese e dell’Europa all’accordo di Doha, ma anche sostegno al Tribunale internazionale. Nella scena politica libanese restano i problemi legati in primo luogo ai rapporti con Damasco.
Beirut (AsiaNews) – Non si può non essere toccati dai sentimenti sinceri di amicizia e dai valori comuni condivisi da Francia e Libano e che si evidenziano ogni volta che si presenta l’occasione di un incontro. Non ha fatto eccezione la visita compiuta dal presidente Nicolas Sarkozy e dal suo primo ministro François Filon, con i responsabili della Difesa e degli Esteri e da esponenti di tutti i partiti politici francesi che li hanno accompagnati.
Parole sincere e forti sono state scambiate al palazzo presidenziale di Baabda in occasione di un pranzo offerto sabato dal nuovo capo dello Stato, il presidente Michel Suleiman, in onore del suo omologo francese, presenti i rappresentanti di tutto il quadro politico libanese, maggioranza ed opposizione. Gesto simbolico tra gli altri, la stretta di mano tra il presidente francese ed il capo del gruppo parlamentare di Hezbollah, Mohammed Raad.
L’incontro trova la sua ragion d’essere nell’accordo di Doha, nel quale Sarkozy vuol vedere “l’ingresso in una nuova era”, inaugurata con l’elezione di Suleiman. Si tratta, a suo parere, di “realizzare la completa ricostruzione dello Stato” ed a tale scopo “tutta la Francia, ed anche l’Unione europea”, saranno a fianco del Libano.
Il presidente Suleiman, da parte sua, non ha rinunciato a riconoscere il merito che spetta alla Francia nella conclusine dell’accordo. “I momenti difficili che abbiamo passato – ha detto – sono alle nostre spalle. L’accordo di Doha, nel quale la Francia ha svolto un ruolo, ha rigenerato la tanto attesa stabilità politica”.
Il capo dello Stato francese ha collocato la sua visita nella prosecuzione della politica seguita dal suo predecessore, Jacques Chirac, uomo inviso all’opposizione per il suo incrollabile appoggio a Rafic Hariri.
C’è da dire che se la visita era una specie di offensiva di simpatia della Francia, non si è fatta a discapito dei principi. Ed in particolare dell’esigenza di verità e giustizia che sono dietro alla volontà dello Stato di fare chiarezza nell’affare dell’uccisione dell’ex premier Rafic Hariri, nel 2005. “Saremo al vostro fianco – ha dichiarato Sarkozy – perché non restino impuniti la morte di Rafic Hariri e la lunga lista degli attentati che dal 2004 hanno colpito tanti dei migliori figli del Libano. E’ il vero significato della creazione del Tribunale internazionale”.
La visita, non c’è da dubitarne, si inscrive nella volontà di rafforzare la sovranità libanese e la concordia interna. Di una volontà di mettere definitivamente il Libano al sicuro da scosse analoghe a quelle che hanno preceduto l’accordo di Doha e che hanno portato il Paese sull’orlo di una nuova guerra civile. Non respingiamo il nostro piacere e assaporiamo questa parentesi. Ma restiamo sobri. Sia il presidente Sleima che il suo omologo francese sanno che, passata la visita, la vita politica libanese riprenderà il suo corso normale. Con le sue insidie ed i suoi blocchi. A partire da quelli che si sono presentati nella prima settimana di contatti in vista della formazione del nuovo governo di unità nazionale da parte del presidente del Consiglio designato, Fouad Siniora.
Al palazzo presidenziale, sabato, si è percepito un cambiamento di toni nelle dichiarazioni fatte dal rappresentante della Corrente del futuro di Saad Hariri e da Hezbollah a proposito della formazione del governo. Entrambi hanno lasciato intendere che non tarderà ad essere formato, quando prima della visita di Sarkozy i più ottimisti non speravano che vedesse il giorno prima di due settimane.
Ma in Libano si è imparato a non prendere le parole per oro colato. Mentre il presidente francese toccava la terra libanese, i media diffondevano una dichiarazione di uno dei leader della maggioranza, Boutros Harb, nella quale egli affermava chiaramente che l’accordo di Doha “non ha rotto i legami esistenti tra la crisi libanese ed il contesto regionale”. Ossia, fuor di metafora, la situazione libanese continuare a fluttuare a seconda degli sviluppi regionali, anche se , al momento, gli viene a vantaggio la calma che vi regna.
Una delle chiavi della stabilizzazione del Libano è nei rapporti che il nuovo governo stabilirà con la Siria di Bachar al-Assad. Annunciando, dopo l’elzione di Suleiman, che contatti ad altri livello stanno per riprendere con Damasco, il presidente francese ha messo in subbuglio la maggioranza. Non andava un po’troppo svelto? Quesa agitazione è stata sostituita, sabato, da una maggiore fiducia, quando Sarkozy ha precisato che la normalizzazione dei rapporti tra Francia e Siria è condizionata dall’apertura di un’ambasciata siriana in Libano e dal consolidamento della pace civile in questo Paese. Sotto questa denominazione figurano due complessi dossier: il riconoscimento incondizionato da parte di Damasco dell’indipendenza libanese e la rinuncia a qualsiasi forma di controllo su di esso, in primo luogo e la fine di ogni forma di violenza capace di destabilizzare il Libano, provocata dagli alleati locali o palestinesi di Damasco.
Il fatto è che su queste due grandi questioni, restano gli interrogativi. In una recente dichiarazione, il presidente Bashar al- Assad ha moltiplicato le condizioni per uno scambio di ambasciatori. Uno dei punti interrogativi riguarda il destino che sarà riservato ad una istanza federalista, l’Alto comitato libano-siriano, creato nel 1991, all’apogeo dell’influenza siriana in Libano, in virtù di un trattato di fraternità, cooperazione e coordinamento tra i due Paesi. In caso di scambio di ambasciatori questo comitato sparirà?
Il dossier della violenza in Libano non è meno spinoso di quello sui rapporti diplomatici con la Siria, a causa del fatto che una parte di tale violenza trae origine dall’appoggio dato da Damasco ad alcuni gruppi armati palestinesi, a Hezbollah e ad alcuni gruppuscoli gravitanti nell’orbita siriana. Gli incidenti delle due ultime settimane tra sciiti e sunniti, nei quartieri occidentali della capitale, sono stati sentiti dalla Corrente del futuro come una operazione che supera una serie di incidenti isolati. Hezbollah, da parte sua, continua a giustificare la sua operazione “punitiva” contro i quartieri sunniti. L’esercito e le forze dell’ordine libanesi sapranno imporsi? La tensione si avvia a scendere nei quartieri nei quali ci sono stati gli scontri? Molte cose dipendono dalle risposte a queste due domande.
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