Sanzioni Ue contro l’Iran, mentre scende il prezzo del petrolio e Israele discute di un attacco
I ministri degli esteri della Ue hanno deciso di attuare l’embargo sul greggio iraniano e pensano a un blocco sulle transazioni finanziarie. Israele potrebbe attaccare l’Iran avvertendo gli usa solo 12 ore prima, per non essere fermati. Il prezzo del greggio scende dell’1%; l’Arabia saudita pronta ad accrescere la produzione.
Bruxelles (AsiaNews/Agenzie) – I ministri degli esteri della Ue si sono radunati oggi per decidere una nuova serie di sanzioni che colpirebbe le esportazioni di greggio iraniano. Curiosamente, oggi il prezzo del petrolio è sceso: secondo gli analisti, ciò è dovuto al fatto che il mercato, più che le sanzioni, teme la crisi economica e la diminuzione della domanda di petrolio.
La decisione di mettere a bando le importazioni di greggio dall’Iran era sicura, ma oggi i ministri della Ue hanno deciso quando attuarlo, per lasciare ai diversi Paesi tempo sufficiente a trovare fonti alternative all’Iran. L'embargo è da subito per i nuovi contratti; quelli già esistenti saranno onorati fino al primo luglio.
A tutt’oggi Teheran esporta circa il 20% della sua produzione in Europa, mentre oltre il 60% viene venduto a Paesi dell’Asia. Proprio questi – fra cui Cina e Giappone - sono molto restii a mettere in atto un embargo, sebbene abbiano ricevuto pressioni da Stati Uniti e Unione europea.
I Paesi d’occidente vogliono rafforzare le sanzioni perché accusano Teheran di proseguire in un programma nucleare che ha scopi bellici. L’Iran ha sempre negato tale accusa.
Oltre all’embargo sul greggio, gli Usa hanno varato pure restrizioni sulle transazioni finanziarie delle banche iraniane e chiedono alla Ue di fare altrettanto. Il blocco delle transazioni finanziarie rischia di congelare i rapporti economici dell’Iran con molta parte della comunità internazionale.
Nelle scorse settimane un generale iraniano ha minacciato la chiusura dello Stretto di Ormuz se vi saranno ulteriori sanzioni, ma non è sicuro che tale minaccia sia condivisa da tutta la leadership di Teheran.
Due giorni fa il portavoce del ministero iraniano degli esteri, Ramin Mehmanparast, ha ribadito l’importanza del dialogo per risolvere il problema del nucleare. Ieri la portaerei Usa Abraham Lincoln e due navi da guerra, una britannica e una francese, sono entrate nel Golfo passando attraverso lo Stretto di Ormuz senza alcun incidente.
La tensione nell’area è sempre alta e voci di attacchi contro Teheran si susseguono ogni giorno.
Ieri il Times di Londra ha pubblicato la notizia secondo cui Israele sarebbe pronto ad attaccare l’Iran e avvertirebbe il presidente Obama solo 12 ore prima, rendendo impossibile fermare l’azione. Queste considerazioni sarebbero state discusse in un dialogo fra Ehud Barak, ministro israeliano della Difesa e il gen. Martin Dempsey, in visita nel Paese.
Sempre secondo il Times, “Netanyahu [il premier israeliano] sospetta che Obama, timoroso per i crescenti prezzi dell’energia, farà di tutto per fermare un attacco condotto prima delle elezioni presidenziali Usa in novembre”.
Le notizie economiche mostrano però che il prezzo del greggio sta scendendo. Oggi a New York il prezzo del petrolio a marzo è sceso dell’1%; il 20 gennaio era sceso del 2,2%. Secondo diversi analisti, ciò è dovuto soprattutto al fatto che il mercato è preoccupato che la domanda di petrolio si riduca a causa della crisi economica. In ogni modo, l’Arabia saudita – tradizionale nemico dell’Iran – ha già promesso di aumentare la sua produzione di greggio per ovviare alla crisi che verrebbe dal blocco sulla produzione iraniana.
La decisione di mettere a bando le importazioni di greggio dall’Iran era sicura, ma oggi i ministri della Ue hanno deciso quando attuarlo, per lasciare ai diversi Paesi tempo sufficiente a trovare fonti alternative all’Iran. L'embargo è da subito per i nuovi contratti; quelli già esistenti saranno onorati fino al primo luglio.
A tutt’oggi Teheran esporta circa il 20% della sua produzione in Europa, mentre oltre il 60% viene venduto a Paesi dell’Asia. Proprio questi – fra cui Cina e Giappone - sono molto restii a mettere in atto un embargo, sebbene abbiano ricevuto pressioni da Stati Uniti e Unione europea.
I Paesi d’occidente vogliono rafforzare le sanzioni perché accusano Teheran di proseguire in un programma nucleare che ha scopi bellici. L’Iran ha sempre negato tale accusa.
Oltre all’embargo sul greggio, gli Usa hanno varato pure restrizioni sulle transazioni finanziarie delle banche iraniane e chiedono alla Ue di fare altrettanto. Il blocco delle transazioni finanziarie rischia di congelare i rapporti economici dell’Iran con molta parte della comunità internazionale.
Nelle scorse settimane un generale iraniano ha minacciato la chiusura dello Stretto di Ormuz se vi saranno ulteriori sanzioni, ma non è sicuro che tale minaccia sia condivisa da tutta la leadership di Teheran.
Due giorni fa il portavoce del ministero iraniano degli esteri, Ramin Mehmanparast, ha ribadito l’importanza del dialogo per risolvere il problema del nucleare. Ieri la portaerei Usa Abraham Lincoln e due navi da guerra, una britannica e una francese, sono entrate nel Golfo passando attraverso lo Stretto di Ormuz senza alcun incidente.
La tensione nell’area è sempre alta e voci di attacchi contro Teheran si susseguono ogni giorno.
Ieri il Times di Londra ha pubblicato la notizia secondo cui Israele sarebbe pronto ad attaccare l’Iran e avvertirebbe il presidente Obama solo 12 ore prima, rendendo impossibile fermare l’azione. Queste considerazioni sarebbero state discusse in un dialogo fra Ehud Barak, ministro israeliano della Difesa e il gen. Martin Dempsey, in visita nel Paese.
Sempre secondo il Times, “Netanyahu [il premier israeliano] sospetta che Obama, timoroso per i crescenti prezzi dell’energia, farà di tutto per fermare un attacco condotto prima delle elezioni presidenziali Usa in novembre”.
Le notizie economiche mostrano però che il prezzo del greggio sta scendendo. Oggi a New York il prezzo del petrolio a marzo è sceso dell’1%; il 20 gennaio era sceso del 2,2%. Secondo diversi analisti, ciò è dovuto soprattutto al fatto che il mercato è preoccupato che la domanda di petrolio si riduca a causa della crisi economica. In ogni modo, l’Arabia saudita – tradizionale nemico dell’Iran – ha già promesso di aumentare la sua produzione di greggio per ovviare alla crisi che verrebbe dal blocco sulla produzione iraniana.
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