Saleh torna in Yemen. A Sanaa continuano i combattimenti
Il presidente yemenita è rientrato in patria dopo oltre tre mesi di cure a Ryadh. Il 3 giugno scorso è rimasto vittima di un attentato. Nella capitale forze lealiste e oppositori si scontrano da una settimana: ancora morti nella notte. In stallo i negoziati per la transizione.
Sanaa (AsiaNews/Agenzie) – Il presidente Ali Abdullah Saleh è tornato in patria questa mattina dall’Arabia saudita dove era rimasto tre mesi per cure, in seguito a un attentato avvenuto il 3 giugno 2011 in cui alcuni suoi collaboratori hanno perso la vita. Lo ha annunciato la televisione di Stato, con un breve dispaccio urgente: “Ali Abdullah Saleh, presidente della Repubblica, è tornato sano e salvo questa mattina sul suolo della nazione dopo un viaggio per cure mediche a Ryadh che è durato più di tre mesi”. (06/06/2011 Senza Saleh gli yemeniti esultano. In dubbio il suo ritorno). Saleh (la foto lo mostra in un messaggio televisivo alla Nazione il 16 agosto) non sembra voler rinunciare al potere che detiene da 33 anni a dispetto di otto mesi di proteste di piazza tese a porre fine al suo regime.
Il suo ritorno avviene in un momento in cui la violenza fra oppositori e lealisti è al massimo. Le due parti si combattono da cinque giorni a Sanaa, e più di cento persone sono morte nella battaglia. I manifestanti tornano oggi a sfilare per le strade della capitale, dopo la preghiera del venerdì; la presenza di Saleh è destinata a rendere ancora più incandescente la situazione. I manifestanti si riuniscono nell’area definita “piazza del Cambiamento”, la strada dove gli oppositori si sono accampati otto mesi fa.
Questa zona è diventata teatro di una battaglia che includeva colpi di artiglieria fra forze lealiste e i soldati che appoggiano la riforma, guidate dal generale Ali Mohsen. Nella notte alcuni proiettili di grosso calibro sono caduti su “piazza del Cambiamento”, uccidendo una persona. Altre sei sono morte fra ieri e questa notte nei combattimenti che hanno infuriato ad Hasaba, roccaforte di una potente leader tribale anti-Saleh, Sadiq al-Ahmar.
I negoziati per una transizione pacifica sono in stallo, a dispetto degli sforzi del Consiglio di cooperazione del Golfo e dell’inviato delle Nazioni Unite. Saleh si è già ritirato tre volte da un piano di accordo sponsorizzato dai Paesi del Golfo. Una tregua promulgata dal vicepresidente yemenita la settimana scorsa è fallita. I morti dall’inizio della rivolta sono oltre 400. Il timore degli Stati Uniti e dell’Arabia saudita è che Al Qaeda approfitti dell’instabilità per aumentare la sua presenza. Secondo fonti locali Al Qaeda si è già impadronita di alcune piccole città vicine a un canale chiave per il trasporto del petrolio.
Il suo ritorno avviene in un momento in cui la violenza fra oppositori e lealisti è al massimo. Le due parti si combattono da cinque giorni a Sanaa, e più di cento persone sono morte nella battaglia. I manifestanti tornano oggi a sfilare per le strade della capitale, dopo la preghiera del venerdì; la presenza di Saleh è destinata a rendere ancora più incandescente la situazione. I manifestanti si riuniscono nell’area definita “piazza del Cambiamento”, la strada dove gli oppositori si sono accampati otto mesi fa.
Questa zona è diventata teatro di una battaglia che includeva colpi di artiglieria fra forze lealiste e i soldati che appoggiano la riforma, guidate dal generale Ali Mohsen. Nella notte alcuni proiettili di grosso calibro sono caduti su “piazza del Cambiamento”, uccidendo una persona. Altre sei sono morte fra ieri e questa notte nei combattimenti che hanno infuriato ad Hasaba, roccaforte di una potente leader tribale anti-Saleh, Sadiq al-Ahmar.
I negoziati per una transizione pacifica sono in stallo, a dispetto degli sforzi del Consiglio di cooperazione del Golfo e dell’inviato delle Nazioni Unite. Saleh si è già ritirato tre volte da un piano di accordo sponsorizzato dai Paesi del Golfo. Una tregua promulgata dal vicepresidente yemenita la settimana scorsa è fallita. I morti dall’inizio della rivolta sono oltre 400. Il timore degli Stati Uniti e dell’Arabia saudita è che Al Qaeda approfitti dell’instabilità per aumentare la sua presenza. Secondo fonti locali Al Qaeda si è già impadronita di alcune piccole città vicine a un canale chiave per il trasporto del petrolio.
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