Sacerdoti e laici arrestati: protestavano contro nuova base militare a Jeju
di Theresa Kim Hwa-young
Molte organizzazioni della società civile sono contrari alla nuova base navale perché contaminerebbe l’ecologia dell’isola, famosa per la sua bellezza. Contrario anche il presidente della Conferenza episcopale coreana. Quest’oggi un “aeroplano della pace” e 20 “bus della pace” terranno ancora manifestazioni con “mezzi non violenti e pacifici”.
Seoul (AsiaNews) – Due sacerdoti cattolici e decine di laici sono stati presi dalla polizia per essersi opposti alla costruzione di una base navale militare sull’isola di Jeju. Quest’oggi sull’isola sono previsti nuovi arrivi di attivisti, che dal giugno scorso continuano a fare sit-in per bloccare i lavori del cantiere.
Ieri la polizia è stata spiegata nel villaggio di Gangjeong (municipalità di Seogwipo), vicino a dove ha sede il cantiere. Almeno 600 poliziotti hanno circondato e isolato la zona, che era occupata da 80-100 attivisti. Dopo aver allontanato i dimostranti, la polizia ha fatto entrare alcuni escavatori. I dimostranti, tenendosi stretti spalla contro spalla e gridando slogan, si sono scontrati con le forze dell’ordine e alla fine 30 persone, fra cui due sacerdoti sono stati portati via.
L’isola di Jeju si trova a sud della penisola, nello stretto di Corea ed è retta da un governo provinciale autonomo. É famosa per la natura incontaminata e per gli splendidi paesaggi. I dimostranti si oppongono alla costruzione della base navale per salvaguardare la sua ecologia e turismo. Il governo afferma invece che la nuova base navale, del costo di 970 milioni di dollari Usa, è necessaria per la sicurezza nazionale.
Ma gli oppositori sono molti. Circa due settimane fa, lo stesso presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Peter Kang U-il, vescovo di Cheju, ha dichiarato la sua opposizione alla base navale di Jeju con un documento dal titolo “La coscienza cristiana dice ‘No’ alla costruzione della base navale sull’isola di Jeju”.
Anche il consiglio del villaggio di Gangjeong è contrario. Ieri esso ha tenuto una conferenza stampa in cui ha chiesto il blocco della costruzione e ha promesso di tenere eventi culturali con migliaia di persone proprio vicino al luogo dove dovrebbe sorgere la base.
Intanto non si fermano nemmeno gli attivisti. Oggi un “aeroplano della pace” porterà altri 170 sostenitori sull’isola, mentre 20 “bus della pace” organizzeranno manifestazioni a Gangjeong “attraverso mezzi non violenti e pacifici”.
Due giorni fa a Seoul, presso la Neutinamu Hall, 120 organizzazioni della società civile hanno tenuto una conferenza in cui chiedono a tutti i coreani di “abbracciare” [prendersi cura] di Gureombi, il luogo preciso dove dovrebbe sorgere la base. “Il tribunale – dichiara il gruppo - ha inviato un’ingiunzione per bloccare la costruzione della base navale, ma questo non sembra fermare il governo, la marina, i pubblici ministeri e la polizia”.
Sempre due giorni fa, è stato arrestato anche Kang Dong-gyun, il capo del villaggio di Gangjeong, insieme ad altri residenti. Gruppi per i diritti umani hanno chiesto al governo di liberarli criticando l’atmosfera da “legge marziale” che si respira nell’isola.
Il governo provinciale dell’isola ha chiesto al governo di risolvere la situazione “in modo pacifico, evitando uno spiegamento di forze”.
Ieri la polizia è stata spiegata nel villaggio di Gangjeong (municipalità di Seogwipo), vicino a dove ha sede il cantiere. Almeno 600 poliziotti hanno circondato e isolato la zona, che era occupata da 80-100 attivisti. Dopo aver allontanato i dimostranti, la polizia ha fatto entrare alcuni escavatori. I dimostranti, tenendosi stretti spalla contro spalla e gridando slogan, si sono scontrati con le forze dell’ordine e alla fine 30 persone, fra cui due sacerdoti sono stati portati via.
L’isola di Jeju si trova a sud della penisola, nello stretto di Corea ed è retta da un governo provinciale autonomo. É famosa per la natura incontaminata e per gli splendidi paesaggi. I dimostranti si oppongono alla costruzione della base navale per salvaguardare la sua ecologia e turismo. Il governo afferma invece che la nuova base navale, del costo di 970 milioni di dollari Usa, è necessaria per la sicurezza nazionale.
Ma gli oppositori sono molti. Circa due settimane fa, lo stesso presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Peter Kang U-il, vescovo di Cheju, ha dichiarato la sua opposizione alla base navale di Jeju con un documento dal titolo “La coscienza cristiana dice ‘No’ alla costruzione della base navale sull’isola di Jeju”.
Anche il consiglio del villaggio di Gangjeong è contrario. Ieri esso ha tenuto una conferenza stampa in cui ha chiesto il blocco della costruzione e ha promesso di tenere eventi culturali con migliaia di persone proprio vicino al luogo dove dovrebbe sorgere la base.
Intanto non si fermano nemmeno gli attivisti. Oggi un “aeroplano della pace” porterà altri 170 sostenitori sull’isola, mentre 20 “bus della pace” organizzeranno manifestazioni a Gangjeong “attraverso mezzi non violenti e pacifici”.
Due giorni fa a Seoul, presso la Neutinamu Hall, 120 organizzazioni della società civile hanno tenuto una conferenza in cui chiedono a tutti i coreani di “abbracciare” [prendersi cura] di Gureombi, il luogo preciso dove dovrebbe sorgere la base. “Il tribunale – dichiara il gruppo - ha inviato un’ingiunzione per bloccare la costruzione della base navale, ma questo non sembra fermare il governo, la marina, i pubblici ministeri e la polizia”.
Sempre due giorni fa, è stato arrestato anche Kang Dong-gyun, il capo del villaggio di Gangjeong, insieme ad altri residenti. Gruppi per i diritti umani hanno chiesto al governo di liberarli criticando l’atmosfera da “legge marziale” che si respira nell’isola.
Il governo provinciale dell’isola ha chiesto al governo di risolvere la situazione “in modo pacifico, evitando uno spiegamento di forze”.
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