Sacerdote cinese: Ci serve aiuto per formare sacerdoti della Chiesa ufficiale
Città del Vaticano (AsiaNews) - P. Paolo Pei Junmin, vicerettore e decano agli studi del seminario di Shenyang (Liaoning), è uno dei 22 sacerdoti della Chiesa ufficiale che il 3 agosto erano presenti all'udienza di Benedetto XVI. Il papa li ha salutati con "particolare affetto"; i sacerdoti hanno risposto con un canto e con applausi. La notizia ha fatto il giro del mondo, perché vista come un piccolo segno di maggiore distensione fra Pechino e la Santa Sede.
Il fatto significativo è che i 22 sacerdoti erano tutti rettori, vice-rettori o padri spirituali da 12 seminari maggiori cinesi. Essi avevano partecipato a un corso di 2 settimane nel monastero di St Ottilien (Germania) per un aggiornamento sull'educazione nei seminari.
AsiaNews ha intervistato p. Paolo Pei Junmin sulla situazione nei seminari della Chiesa ufficiale in Cina.
Dalle sue parole emerge un quadro preoccupante: mancanza di personale in genere e mancanza di personalità spirituali adulte, frutto delle persecuzioni della Rivoluzione Culturale; difficoltà nell'educare i "figli unici", frutto della politica di controllo sulla popolazione. Ma emergono anche segni di vitalità: l'inquietudine di giovani in ricerca che sfocia nella vocazione sacerdotale; vocazioni "adulte", nate da conversioni di giovani provenienti da famiglie non cristiane. P. Paolo chiede infine un aiuto più costante dalla Chiesa universale sulla formazione.
Ecco l'intervista rilasciata da p. Pei ad AsiaNews.
Quali sono i problemi più urgenti nella formazione delle vocazioni in Cina?
Occorre preparare alla maturità fisica, psicologica, teologica e spirituale e non ci sono persone preparate. Per l'insegnamento della teologia adesso in Cina non abbiamo problemi: vi sono sacerdoti cinesi che hanno studiato all'estero e sono tornati nel paese; oppure invitiamo professori dall'estero per dare brevi corsi o lezioni. Non abbiamo molti esperti e il personale è scarso. Talvolta dobbiamo chiedere a professori non cristiani di insegnare corsi come lingua e letteratura cinese. Io stesso in seminario insegno, mi occupo dell'amministrazione e sono decano degli studi. Tutto insieme! Ma per la formazione spirituale è un'altra questione.
Il problema delle vocazioni in Cina è che i candidati che entrano il seminario non sono molto maturi anzitutto dal punto di vista psicologico. Adesso i giovani provengono tutti da famiglie con figli unici [la legge del figlio unico è in Cina dal '79 - ndr]. Trattare con loro è molto più difficile: non sono abituati a stare con gli altri; sono stati sempre coccolati nella loro famiglia dai genitori; sono stati trattati sempre come re dai nonni. Per loro, rinunciare al benessere, alla tranquillità, a questi rapporti ovattati, per servire Gesù Cristo e la Chiesa, è un po' difficile. Trovare delle vie di formazione perché crescano nel dono di sé e nel servizio agli uomini è lo scopo più difficile e più urgente.
Un altro problema è che molti giovani che vogliono diventare preti vengono dalle campagne e non hanno fatto nemmeno la scuola superiore. Così bisogna farli studiare in un seminario minore, anche se sono in età più avanzata rispetto ad altri studenti dello stesso grado.
Il corso a St Ottilien ci è servito per comprendere come educare queste persone. E' stato molto fruttuoso. Era la prima volta che seguivo un corso simile all'estero. Abbiamo avuto la possibilità non solo di sentire delle lezioni, ma anche di condividere le nostre esperienze. Perché ogni seminario ha le sue difficoltà e successi. Abbiamo messo insieme contributi, idee, proposte. Per me ho imparato il vero significato del sacerdozio.
Perché non è stato possibile trovarsi in Cina?
Il punto è che in Cina, le persone impegnate nella formazione sono tutte molto giovani, 30-50 anni al massimo. Ci manca una generazione con cui paragonarci e da cui imparare. Da noi, manca la generazione che dovrebbe essere stata formata negli anni '60 - '70, al tempo della Rivoluzione Culturale. A St Ottilien abbiamo trovato persone più mature di noi che ci hanno aiutato.
Come avete fatto per venire? Chi vi ha scelto?
Siamo stati scelti dal Consiglio dei vescovi cinesi. Loro hanno stabilito 2 posti per ogni seminario: uno per il rettore o il vicerettore, e uno per i padri spirituali di 12 seminari. Dovevamo essere 24, ma il vice-rettore di Wuhan e un rettore di Jilin non sono riusciti a venire.
Come è possibile che giovani in Cina scelgano di diventare preti?
La maggior parte dei candidati viene da famiglie cattoliche di lunga data e da villaggi di campagna. Da piccoli hanno vissuto in un ambiente spirituale e magari hanno trovato il sacerdote o la suora che li ha colpiti positivamente.
I giovani in Cina sono inquieti, cercano un significato vero della vita. Questa ricerca li spinge ad avvicinarsi al sacerdozio o alla vita religiosa.
Ci sono giovani che provengono dall'ateismo, che si sono convertiti da grandi?
Nel mio seminario vi sono alcuni giovani che vengono da famiglie non cristiane. I loro genitori non capiscono la loro fede. Loro hanno conosciuto il cristianesimo attraverso i loro amici, o i loro compagni di scuola. Per loro, entrare in seminario, è difficile: i loro genitori non sono d'accordo e si oppongono. Anche per noi, accettarli è un rischio e bisogna essere molto attenti: non li conosciamo, non sappiamo il loro background, né le loro motivazioni; non sappiamo se riusciranno a continuare. Ma alcuni di loro fanno un cammino davvero buono e dopo un po' diventano cristiani anche i loro genitori.
Che importanza ha avuto questo viaggio?
Anzitutto ho capito che dovete aiutarci a educare ancora meglio nella formazione. Dovete organizzare alcuni programmi di studio per farci venire qui o organizzarli in Cina. Questa volta, per esempio, a St Ottilien vi erano solo 22 persone, il numero era limitato. Io credo che tutti noi che lavoriamo nei seminari dovremmo avere un'occasione simile.
Poi, questo viaggio è stato importante anche per la riscoperta della spiritualità benedettina, soprattutto la dimensione dell'ora et labora. E' importante per la cultura cinese. In Cina noi lavoriamo nei seminari e dobbiamo aiutare sia a scoprire la preghiera, sia il lavoro. È necessario sottolineare i due aspetti della vita spirituale: non occorre solo contemplare, ma anche lavorare e servire. Questo servizio verso gli altri è una carta vincente per la nostra missione ed evangelizzazione. Vogliamo fare di tutto perché l'esperienza benedettina ritorni in Cina.
Infine l'incontro col papa: è stata una sorpresa! Nessuno di noi poteva immaginare; non sapevamo nemmeno che saremmo venuti a Roma. Ma è stata una cosa meravigliosa: la Chiesa di Roma è la Chiesa madre di tutte le chiese, anche di quella cinese. Abbiamo voluto manifestare che la Chiesa in Cina è unita con la Santa Sede.
* Padre Pei, 36 anni, è entrato in seminario a 16 anni. Ordinato nel 1992, ha lavorato per un anno nella parrocchia della cattedrale. Poi è stato mandato dal suo vescovo a Philadelphia (Usa) a studiare Sacra Scrittura. Fa parte del primo gruppo di sacerdoti cinesi inviati all'estero per studi. A tutt'oggi insegna Sacra Scrittura, è decano agli studi (deve organizzare il lavoro di 26 professori) ed è vice-rettore. Il seminario maggiore di Shenyang ha 70 vocazioni. Quest'anno vi erano 36 candidati ad entrare. Il seminario accoglie nuovi candidati ogni due anni. La diocesi di Shenyang ha 100 mila fedeli.
Secondo ultime statistiche disponibili ad AsiaNews, in Cina vi sono almeno 1000 seminaristi, educati in 19 seminari ufficiali e in 5 seminari preparatori. La Chiesa non ufficiale (o sotterranea) ha almeno 800 seminaristi. Per i primi la formazione è molte volte limitata dallo stretto controllo del governo attraverso l'Associazione Patriottica; per i secondi le difficoltà vengono dai rischi di lavorare e vivere in strutture non riconosciute e ritenute illegali dal governo, con la possibilità di essere imprigionati.
04/11/2008