Sacerdote cattolico: le violenze contro i copti, frutto di 30 anni di politiche sbagliate
Militari incapaci di affrontare la situazione. Appello del portavoce della Chiesa cattolica egiziana ai governi occidentali per evitare il crollo del Paese e una deriva fondamentalista.
Il Cairo (AsiaNews) – “Gli scontri fra manifestanti copti e militari avvenuti ieri sono il risultato di 30 anni di politiche basate solo sulla repressione e sulla sicurezza. Senza leggi in favore della società, senza educazione le tensioni continueranno ad aumentare”. È quanto afferma ad AsiaNews p. Rafic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana, che chiede l’intervento concreto dei Paesi occidentali per evitare il crollo dell’Egitto.
Secondo il sacerdote l’esercito non sta facendo nulla per risolvere il conflitto fra copti e musulmani, provocato soprattutto dalle fumose leggi sulla costruzione di edifici religiosi. “Nei piccoli villaggi ci sono molti fondamentalisti e la rivalità con i cristiani è molto forte – afferma p. Greiche – la legge sugli edifici religiosi di fatto non esiste, quel poco che è stato fatto ha solo complicato la situazione. Ognuno la applica come vuole”.
Oggi, il Consiglio supremo dei militari ha convocato un vertice di emergenza per far luce sugli scontri costati 36 morti e 220 feriti. Essam Sharaf, premier egiziano, ha sottolineato che l'Egitto e' ''in pericolo'' e ha rivolto alla popolazione un invito alla calma. Secondo Sharaf è in corso una cospirazione per portare il caos in Egitto.
Tuttavia p. Greiche fa notare che “i militari continuano ad agire come dei poliziotti”. Nel discorso di Sharaf non vi è alcuna proposta concreta per risolvere il problema. “Come ai tempi di Mubarak – sottolinea - si pensa solo a tenere calma la gente. La popolazione però ha paura del futuro e teme che nessuno sia in grado di risolvere la situazione”.
Per il sacerdote, senza un'educazione della popolazione alla convivenza e al bene comune la primavera araba è inutile. “In questi anni – afferma – nessuno si è impegnato nella formazione dei giovani, nel mettere in pratica politiche sociali. Tutti hanno pensato solo alla loro poltrona. I pochi cambiamenti sono giunti dall’esterno”.
Alle tensioni sociali fra cristiani e musulmani che da sempre caratterizzano la società egiziana, si aggiunge la paura di una deriva fondamentalista del Paese in caso di vittoria dei Fratelli musulmani alle elezioni di novembre.
“Le manifestazioni dei copti non si fermeranno – continua p. Greiche – loro vogliono mostrare a tutti che sono una minoranza importante e che non possono essere tenuti fuori dalla vita politica del nuovo Egitto”.
Il sacerdote conclude con un appello alla comunità internazionale, che non sta facendo nulla di concreto per i Paesi arabi, se non riconfermare i contratti economici firmati con i vecchi regimi. “L’Europa e gli altri Paesi occidentali – afferma - hanno paura ad intervenire e rispettano le volontà dei governi. Ma questa è una idiozia. Il mondo è diventato ormai un piccolo villaggio. L’instabilità del Medio oriente e l’odio verso i cristiani possono diffondersi in tutta Europa con grande facilità. Nessun Paese è immune da questo rischio”. (S.C.)
Secondo il sacerdote l’esercito non sta facendo nulla per risolvere il conflitto fra copti e musulmani, provocato soprattutto dalle fumose leggi sulla costruzione di edifici religiosi. “Nei piccoli villaggi ci sono molti fondamentalisti e la rivalità con i cristiani è molto forte – afferma p. Greiche – la legge sugli edifici religiosi di fatto non esiste, quel poco che è stato fatto ha solo complicato la situazione. Ognuno la applica come vuole”.
Oggi, il Consiglio supremo dei militari ha convocato un vertice di emergenza per far luce sugli scontri costati 36 morti e 220 feriti. Essam Sharaf, premier egiziano, ha sottolineato che l'Egitto e' ''in pericolo'' e ha rivolto alla popolazione un invito alla calma. Secondo Sharaf è in corso una cospirazione per portare il caos in Egitto.
Tuttavia p. Greiche fa notare che “i militari continuano ad agire come dei poliziotti”. Nel discorso di Sharaf non vi è alcuna proposta concreta per risolvere il problema. “Come ai tempi di Mubarak – sottolinea - si pensa solo a tenere calma la gente. La popolazione però ha paura del futuro e teme che nessuno sia in grado di risolvere la situazione”.
Per il sacerdote, senza un'educazione della popolazione alla convivenza e al bene comune la primavera araba è inutile. “In questi anni – afferma – nessuno si è impegnato nella formazione dei giovani, nel mettere in pratica politiche sociali. Tutti hanno pensato solo alla loro poltrona. I pochi cambiamenti sono giunti dall’esterno”.
Alle tensioni sociali fra cristiani e musulmani che da sempre caratterizzano la società egiziana, si aggiunge la paura di una deriva fondamentalista del Paese in caso di vittoria dei Fratelli musulmani alle elezioni di novembre.
“Le manifestazioni dei copti non si fermeranno – continua p. Greiche – loro vogliono mostrare a tutti che sono una minoranza importante e che non possono essere tenuti fuori dalla vita politica del nuovo Egitto”.
Il sacerdote conclude con un appello alla comunità internazionale, che non sta facendo nulla di concreto per i Paesi arabi, se non riconfermare i contratti economici firmati con i vecchi regimi. “L’Europa e gli altri Paesi occidentali – afferma - hanno paura ad intervenire e rispettano le volontà dei governi. Ma questa è una idiozia. Il mondo è diventato ormai un piccolo villaggio. L’instabilità del Medio oriente e l’odio verso i cristiani possono diffondersi in tutta Europa con grande facilità. Nessun Paese è immune da questo rischio”. (S.C.)
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