Sacerdote caldeo rapito: No al progetto etnico della Piana di Ninive
Roma (AsiaNews) – Il messaggio cristiano è un messaggio universale rivolto ad ogni uomo e in ogni tempo: “Andate ed ammaestrate tutti gli uomini” (Mt 28, 21). La persona di Gesù di Nazaret fu criticata proprio perché aveva quest’apertura verso tutti i popoli, che creava disagi nella comunità religiosa ebraica di quel tempo. Il cristiano, partendo da questa verità, vive ogni terra in cui si ritrova come l “sua propria terra” e verso cui è responsabile nel comunicare un messaggio di verità e di salvezza.
I cristiani dell’Iraq sono stati sempre presenti in tutte le aree del Paese: dal nord fino al sud, dall’est fino all’ovest. I dati storici sono abbondanti e difficilmente contrastabili; sono confermati da tutti i libri di storia e confermati da tutti gli studiosi della storia dell’Iraq. Fra tutti cito qui i libri di storia della Chiesa di P. Albert Abouna, affidabile studioso e bravissimo storico della storia ecclesiale dell’Iraq.
I cristiani hanno sempre cercato di vivere in pace con tutte le popolazioni della zona, cercando di guadagnarsi il rispetto degli altri con la loro esistenza pacifica. Hanno aiutato nella costruzione del paese e nella restaurazione della cultura in tutti i tempi, dimostrando di essere veri cittadini del Paese, senza mai correre dietro ad alcuna utopia etnica o religiosa, cercando anzi di mostrare una massima apertura verso i valori umani dovunque si trovassero.
I cristiani oggi si trovano a Bassra, Emara, Baghdad, Ramadi (Falluja), Sammara, Kirkuk, Mosul, Erbil, Dihok… Il fatto in sé prova che la coscienza originaria dei cristiani è quella di essere figli di questa terra, fratelli di ogni uomo, cittadini di questo paese. Tutti questi termini (terra, fratello, paese) indicano un aspetto universale e aperto verso l’altro, molto vicino al centro del messaggio cristiano.
Ambizioni e progetto politico
Il progetto di una zona per i cristiani è un sogno politico nato nel seno di una ideologia politica che ha come obbiettivo la restaurazione della gloria di un impero perduto (l’impero assiro nel nord). Esso è certamente mescolato all’ambizione di alcuni politici cristiani [e] vescovi all’estero che vogliono avere una zona per governare e una sede politica per la successione e garantire interessi personali e economici.
La confusione politica creatasi in Iraq dopo la guerra, il discorso etnico che ha dominato gli ambienti politici, hanno favorito l’idea di avere una zona dedicata a cristiani. Per attuarla, si sfrutta la posizione americana che - partendo da una concezione democratica del tutto speciale e propria - non impedirebbe una tale richiesta, ma piuttosto lavorerebbe per crearla. Inoltre, questa zona “cristiana” servirebbe a separare il Kurdistan kurdo dalla zona araba dei sunniti, indebolendo la posizione dei diversi partecipanti nel processo politico iracheno. Il progetto darebbe ai kurdi l’occasione di avere una presenza cristiana che rafforzerebbe la loro posizione come popolo democratico, capace di custodire i diritti delle popolazioni esistenti nella sua federazione.
Non va poi dimenticato l’appoggio che alcuni vescovi caldei all’estero danno a questo progetto politico, sostenendo alcuni partiti politici di stampo etnico e spinti da motivi etnico-religiosi.
Pericoli nei confronti dei cristiani
Il progetto della Piana di Ninive avrebbe conseguenze enormi sulla situazione del popolo cristiano:
- Dal punto di vista politico, mostrerebbe che anche i cristiani hanno ambizioni alla divisione etnica dell’Iraq, la quale - è ormai chiaro per tutti - è la causa principale della violenza etnica in Iraq.
- Dal punto di vista politico-parlamentare, costringerebbe la partecipazione cristiana in politica ad alcuni partiti nati dopo la guerra, basati sulla concezione etnica del cristianesimo.
- Dal punto di vista sociale, favorirebbe la divisione di classe all’interno della società cristiana.
- Dal punto di vista storico-culturale, danneggerebbe la realtà storica del cristianesimo in Iraq che ha sempre lavorato con gli altri e in tutti i luoghi per la costruzione della cultura irachena.
- Dal punto di vista religioso, renderebbe il messaggio cristiano poco efficace in una società multietnica e religiosa.
Cosa dobbiamo fare?
In questa situazione di divisione politica e frammentazione etnica occorre raccogliere le forze per ricucire e riunire la popolazione e i cristiani possono fare tanto in questo senso:
- Devono cercare di appoggiare un progetto nazionale che favorisca un Iraq uno e unito, concentrandosi sull’idea di cittadinanza e non su una concezione di radice etnica e religiosa.
- Il discorso di una Zona per i cristiani creerebbe e aumenterebbe l’odio etnico religioso perciò i cristiani devono adottare un linguaggio più unificativo tra i cristiani.
- Lavorare per una vera riconciliazione tra tutte le componenti della società tramite incontri di alto valore religioso.
- Unificare il discorso politico cristiano e lavorare con tutti i partiti politici esistenti, senza escludere nessuna parte o gruppo per motivi etnici e settari (caldei, assiri, siriaci, armeni, arabi), per costruire una politica cristiana fedele ai principi del Vangelo e all’insegnamento della Chiesa.
* P. Saad Hanna Sirop, 35 anni, era stato sequestrato il 15 agosto 2006. Per 27 giorni ha subito prigionia, minacce e torture. Benedetto XVI aveva fatto un appello per la sua liberazione. Il giovane sacerdote, ordinato a Roma nel 2001, era responsabile della sezione teologica del Babel College, l'università di studi religiosi cristiani a Baghdad. A causa del suo rapimento e dell’accrescersi dell’insicurezza, il Babel College, è stato poi trasferito a Erbil, nel Kurdistan. P. Saad Sirop si trova ora a Roma per studi.
12/09/2006