09/03/2011, 00.00
THAILANDIA – BRASILE
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Sacerdote brasiliano del PIME in missione fra i buddisti thailandesi

di Dario Salvi
A maggio P. Lorenço Braz De Oliveira, originario del Minas Gerais, si trasferirà in Thailandia, nazione a larga maggioranza buddista. L’annuncio non è solo parole, ma “opere e gesti concreti”. La conferma della vocazione durante gli studi teologici nelle Filippine. Un appello al Sud America: da terra di missione, si trasformi in terra di missionari.
Roma (AsiaNews) – La sfida più grande sarà andare in una “terra di evangelizzazione”, in un Paese “a stragrande maggioranza non cristiano”, dove “non conteranno solo le parole, l’annuncio”, ma anche “le opere e i gesti concreti”. È quanto confida ad AsiaNews p. Lorenço Braz De Oliveira, missionario brasiliano del Pontificio istituto missioni estere (Pime), in Italia per qualche settimana in attesa di partire per la Thailandia. E aggiunge: “Il Brasile e l’America Latina in passato hanno ricevuto tantissimi missionari. Ora è giunto il momento che il popolo sud-americano diventi a sua volta missionario, aprendosi al mondo”.
 
P. Lorenço Braz De Oliveira è nato il 5 gennaio 1973 a Cataguases, città del Minas Gerais, Stato nel Sud-est del Brasile. Fin da giovane ha frequentato la parrocchia, instaurando un rapporto di amicizia con un sacerdote Fidei Donum spagnolo. “Guardando a lui – racconta – ho capito che Dio mi chiamava a Sé, ma non mi interessava fare il prete diocesano. Mi ripetevo: segui i passi di Cristo qualunque sia la missione che ti viene richiesta”. Verso i 18 anni, studente e lavoratore, avverte un “desiderio generico” – così lo definisce – di fare qualcosa per gli altri. Il giovane intrattiene un lungo rapporto epistolare con un missionario brasiliano in Guinea Bissau, che lo invita ad entrare in seminario. Da quella proposta emerge un “cammino di cambiamento”, che trae origine da una domanda: “Cosa vuole Dio – si chiede p. Lorenço – per me e per gli altri?”.
 
Frequenta il seminario del Pime a Santa Caterina, in Brasile e, ultimati gli studi, si trasferisce negli Stati Uniti per approfondire la lingua inglese. A seguire le Filippine (nella foto, il sacerdote con un gruppo di bambini), dove rimarrà per quattro anni e mezzo per completare gli studi di teologia. Ed è proprio nell’arcipelago del Sud-est asiatico, prima terra di missione, che il giovane brasiliano troverà conferme alla propria vocazione. “L’impatto con le Filippine – racconta – ha rappresentato uno shock culturale, per la fisionomia delle persone, per la lingua. Tuttavia, uno degli elementi che più mi ha colpito è la curiosità dei filippini, unita alla loro apertura e alla disponibilità all’incontro con gli altri”.
 
Nel periodo trascorso nel Paese, avviene l’episodio che segnerà il cammino missionario: “In visita pastorale a un villaggio di migranti – spiega il sacerdote – vedo una donna incinta sola e sofferente. Il marito era al lavoro e non poteva pagare il costo delle cure mediche. Dopo averla trasportata in ospedale, i medici le riscontrano acqua nei polmoni e prospettano il ricovero immediato”. P. Lorenço interviene offrendosi di coprire il costo dell’intervento. “La donna ha un arresto cardiaco – continua – e io mi sento responsabile”. Egli avverte una “sensazione di paura” e resta al capezzale della donna per molte ore, sino all’arrivo del marito. Nei giorni seguenti prega a lungo, fino a quando riceve una telefonata nel cuore della notte: “Grazie alle cure ricevute, la donna stava bene. Non solo – aggiunge – ma aveva anche partorito due gemelli”.
 
A maggio il sacerdote brasiliano tornerà in Asia, a Bangkok, per una sfida che “riempie testa e cuore”, perché “sarà Lui, il Cristo che incontrerò in Thailandia, che mi colmerà il cuore e mi indicherà il cammino da percorrere”. “La sfida sarà proprio quella di andare in una terra di evangelizzazione – afferma p. Lorenço – in un Paese a stragrande maggioranza non cristiano, dove non conteranno solo le parole, ma i gesti concreti e le azioni. Il mio impegno sarà cogliere fra le righe quello che mi chiede Gesù. I missionari sono percepiti come esponenti di una religione occidentale, ma il desidero è far capire loro che Cristo è nato in Asia ed è parte integrante della loro cultura”.
 
Da ultimo lancia un appello al Sud America, a lungo terra di missione e continente a larga maggioranza cristiano. “Nella storia della Chiesa abbiamo ricevuto tantissimi missionari – sottolinea il sacerdote brasiliano – ma ne abbiamo dati pochi. Dobbiamo promuovere sacrificio e dedizione perché il nostro popolo, il nostro continente diventi a sua volta missionario e si apra al mondo”. E lancia un appello perché ciascuno, in modo diverso, si faccia annunciatore del Vangelo: “la missione è fatta con i piedi di quelli che partono, con le ginocchia di quanti pregano e con le mani di quelli che aiutano. Per questo – conclude – siamo chiamati tutti alla missione”.
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