05/11/2020, 08.56
ARABIA SAUDITA
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Riyadh allenta il sistema ‘kafala’, meno vincoli per i lavoratori migranti

La riforma si inserisce all’interno del piano “Vision 2030” per migliorare il mercato del lavoro e sviluppare la nazione. Essa verrà applicata dal marzo 2021 a tutti gli impiegati del settore privato. Sarà possibile cambiare azienda senza il permesso del padrone. Ma alcuni settori, come i lavoratori domestici, restano esclusi.

Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - L’Arabia Saudita intende allentare una serie di restrizioni per i lavoratori migranti, previste all’interno del sistema “kafala” (sponsorizzazione), autorizzando il cambio di settore o azienda e la possibilità di lasciare il Paese senza il permesso del titolare. La riforma, che segue passi analoghi intrapresi in passato da altre nazioni arabe come il Qatar, coinvolgerà almeno 10 milioni di stranieri finora sotto il diretto controllo del loro padrone. 

Il governo di Riyadh sottolinea il proposito di “migliorare e accrescere l’efficienza all’interno degli ambienti di lavoro”. Il ministero delle Risorse umane spiega che la riforma verrà applicata a tutti gli espatriati che operano nel privato ed entrerà in vigore dal mese di marzo. Fra gli altri, i migranti potranno fare richiesta diretta, e senza l’ausilio di intermediari, di servizi governativi e i loro contratti con i datori di lavoro saranno registrati in via digitale.

Il vice-ministro Abdullah bin Nasser Abuthunain spiega che “attraverso questa iniziativa vogliamo dar vita a un mercato del lavoro ricco di attrattiva e migliorarne le condizioni”. Queste riforme, prosegue, si inseriscono nel solco degli obiettivi posti nel contesto del programma “Vision 2030”, il piano voluto dai vertici per affrancare la monarchia wahhabita dalla dipendenza al petrolio.

Il sistema della kafala - o sponsorizzazione - ha intrappolato per anni oltre un milione di lavoratori stranieri, vincolandoli al proprio datore di lavoro e privandoli di ogni diritto fondamentale. Sono fra gli altri nepalesi, filippini e indonesiani, e lavorano o nelle grandi imprese edili o come dipendenti domestici dei ricchi sauditi. Una volta assunti, sono privati del proprio passaporto e di ogni diritto fondamentale: senza il permesso del proprio “sponsor” non possono licenziarsi, lasciare il Paese o sporgere denuncia in caso di abusi; pena l’arresto o la deportazione.

Rothna Begum, esperto del mondo del lavoro di Human Rights Watch (Hrw), sottolinea che il passo intrapreso è “significativo e potrebbe migliorare le condizioni dei lavoratori migranti”. Tuttavia, aggiunge, questo non implica “la cancellazione completa del sistema kafala”. In passato attivisti e ong pro-diritti umani hanno attaccato il modello, sottolineando che esso lasciava i lavoratori vittime di abusi e sfruttamento dei loro padroni e per questo va eliminato in modo completo. Ad oggi, conclude Begum, “sono ancora a rischio”, in particolare i lavoratori domestici per i quali non trova applicazione la riforma appena elaborata. Fra i lavoratori domestici avvengono molti abusi che rasentano lo schiavismo

Il quotidiano saudita Arab News riferisce che le modifiche entreranno in vigore a partire dal 14 marzo 2021 e snelliranno le procedure per ottenere lo status di lavoratore residente, che non è legato ad un particolare datore di lavoro o di contratto, allentando il sistema di sponsorship. La riforma dovrebbe inoltre avere “effetti positivi sull’economia, incluso lo sviluppo del mercato locale e in un’ottica di flessibilità nel mondo del lavoro, aumenterà la produttività nel privato, attirando i talenti” dall’estero.

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