Rischio catastrofe umanitaria a Sirte. Appello di mons. Martinelli
Gli ospedali libici sono al collasso. La gente muore per la mancanza di ossigeno e i continui black-out. Oltre 10mila i profughi fuggiti da Sirte e Bani Walid, ultime roccaforti del regime. Il vescovo di Tripoli chiede che i Paesi stranieri accolgano migliaia di feriti.
Tripoli (AsiaNews) – “A Sirte la situazione è drammatica. I membri del Consiglio nazionale di transizione faticano a evacuare i civili, per gli scontri a fuoco con gli uomini di Gheddafi. È necessaria una tregua ”. È quanto afferma ad AsiaNews, mons. Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, che sottolinea il rischio di una catastrofe umanitaria. Il prelato lancia un appello alla comunità internazionale: “I Paesi stranieri, in particolare quelli europei accolgano i feriti nei loro ospedali. Le strutture sanitarie libiche stanno facendo del loro meglio, ma non sono sufficienti”.
A tutt’oggi sono oltre 10mila i profughi fuggiti da Sirte, ultima roccaforte del rais insieme a Bani Walid e Sabha. Di questi almeno un terzo ha deciso di allestire accampamenti nelle aree desertiche a pochi chilometri dalla città, per restare vicino alle proprie case. Chi scappa descrive scenari caotici con centinaia di corpi per le strade, case crollate e in fiamme. In molti accusano Nato e ribelli di aver bombardato a caso senza curarsi delle possibili vittime civili. Secondo la Croce rossa, a Sirte gli ospedali sono ormai inutilizzabili. I feriti gravi vengono trasferiti a Tripoli e Misurata, ma anche queste strutture stanno esaurendo le scorte di medicinali e la gente muore per la mancanza di bombole di ossigeno e i continui black-out.
“Non sarà facile riportare la pace in tempi brevi – sottolinea mons. Martinelli – Gheddafi non è ancora battuto e vi sono continue vendette fra famiglie e tribù”. Il prelato si dice però fiducioso del cambiamento in corso e invita tutti a pregare per il popolo libico. (S.C.)
A tutt’oggi sono oltre 10mila i profughi fuggiti da Sirte, ultima roccaforte del rais insieme a Bani Walid e Sabha. Di questi almeno un terzo ha deciso di allestire accampamenti nelle aree desertiche a pochi chilometri dalla città, per restare vicino alle proprie case. Chi scappa descrive scenari caotici con centinaia di corpi per le strade, case crollate e in fiamme. In molti accusano Nato e ribelli di aver bombardato a caso senza curarsi delle possibili vittime civili. Secondo la Croce rossa, a Sirte gli ospedali sono ormai inutilizzabili. I feriti gravi vengono trasferiti a Tripoli e Misurata, ma anche queste strutture stanno esaurendo le scorte di medicinali e la gente muore per la mancanza di bombole di ossigeno e i continui black-out.
“Non sarà facile riportare la pace in tempi brevi – sottolinea mons. Martinelli – Gheddafi non è ancora battuto e vi sono continue vendette fra famiglie e tribù”. Il prelato si dice però fiducioso del cambiamento in corso e invita tutti a pregare per il popolo libico. (S.C.)
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