Rischiano la chiusura "entro l'anno" migliaia di fabbriche di Hong Kong
Secondo dati ufficiali, entro Natale possono chiudere un terzo delle 50mila fabbriche in Cina di ditte di Hong Kong. Le esportazioni sono in forte contrazione, mentre crescono i costi per materie prime e salari. Ora le aziende propongono di congelare i salari, già falcidiati dall’inflazione.
Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Oltre un terzo delle 50mila fabbriche che le ditte di Hong Kong hanno in Cina, rischiano di chiudere entro Natale, per il crollo della domanda dei prodotti cinesi e per gli aumenti dei costi. Milioni di lavoratori migranti possono trovarsi senza lavoro in poche settimane.
L’allarme è lanciato oggi dalla Federazione delle industrie di Hong Kong, che rappresenta circa 3mila aziende di Hong Kong che hanno la produzione in Cina. Le aziende hanno visto una forte riduzione degli ordini di merce dagli Stati Uniti e dalla zona euro, che per Natale arrivano con mesi di anticipo. Ora prevedono che gli ordini tra la metà del 2011 e il primo semestre del 2012 diminuiscano tra il 5 e il 30%, secondo i settori.
Stanley Lau, vicepresidente del maggior ente di promozione delle industrie di Hong Kong, spiega che la situazione è aggravata per l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei salari, già cresciuti del 20% rispetto al 2010. Inoltre il 1° gennaio sarà rivisto il salario minimo garantito per gli operai, con una crescita prevista del 18-20%, spinto dall’inflazione record del 2011.
In questa situazione – prosegue Lau – “non è possibile prevedere quando il mercato recupererà”, per cui molte aziende potrebbero chiudere, per evitare di produrre in forte perdita. Ma sarebbero così licenziati milioni di lavoratori migranti, come già accadde durante la crisi finanziaria del 2008-2009, quando chiusero migliaia di fabbriche del delta del Fiume delle perle, vera bolla industriale del Paese.
Lau spiega che ora molte imprese di Hong Kong stanno chiedendo ai governi locali di congelare per un periodo gli aumenti dei salari, in attesa di vedere l’andamento del mercato.
Ma esperti osservano che il potere d’acquisto dei salari è già stato molto colpito dall’inflazione, con aumenti in doppia cifra per generi essenziali come la carne di maiale e altri alimenti. Inoltre non appare prossima la ripresa delle esportazioni, vista la grave crisi del debito estero dei Paesi dell’Unione europea, primo partner commerciale della Cina.
L’allarme è lanciato oggi dalla Federazione delle industrie di Hong Kong, che rappresenta circa 3mila aziende di Hong Kong che hanno la produzione in Cina. Le aziende hanno visto una forte riduzione degli ordini di merce dagli Stati Uniti e dalla zona euro, che per Natale arrivano con mesi di anticipo. Ora prevedono che gli ordini tra la metà del 2011 e il primo semestre del 2012 diminuiscano tra il 5 e il 30%, secondo i settori.
Stanley Lau, vicepresidente del maggior ente di promozione delle industrie di Hong Kong, spiega che la situazione è aggravata per l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei salari, già cresciuti del 20% rispetto al 2010. Inoltre il 1° gennaio sarà rivisto il salario minimo garantito per gli operai, con una crescita prevista del 18-20%, spinto dall’inflazione record del 2011.
In questa situazione – prosegue Lau – “non è possibile prevedere quando il mercato recupererà”, per cui molte aziende potrebbero chiudere, per evitare di produrre in forte perdita. Ma sarebbero così licenziati milioni di lavoratori migranti, come già accadde durante la crisi finanziaria del 2008-2009, quando chiusero migliaia di fabbriche del delta del Fiume delle perle, vera bolla industriale del Paese.
Lau spiega che ora molte imprese di Hong Kong stanno chiedendo ai governi locali di congelare per un periodo gli aumenti dei salari, in attesa di vedere l’andamento del mercato.
Ma esperti osservano che il potere d’acquisto dei salari è già stato molto colpito dall’inflazione, con aumenti in doppia cifra per generi essenziali come la carne di maiale e altri alimenti. Inoltre non appare prossima la ripresa delle esportazioni, vista la grave crisi del debito estero dei Paesi dell’Unione europea, primo partner commerciale della Cina.
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