Rischi sociali per la crescente incertezza mondiale dei prezzi degli alimenti
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Prezzi mondiali record per gli alimenti a gennaio, secondo l’indice dell’Organizzazione per gli alimenti e l’agricoltura (Fao) delle Nazioni Unite. Abdolreza Abbassian, economista Fao, ritiene “probabile che i prezzi rimangano elevati nei prossimi mesi”, con conseguente rischio di disordini sociali.
L’indice-prezzi è salito del 3,4% rispetto a dicembre ed è in aumento da 7 mesi, con livelli record dal 1990. Come causa sono indicate le diminuite forniture, conseguenza pure dei numerosi disastri ambientali che hanno colpito i raccolti, insieme con le crescenti domande delle economie emergenti come Cina e India. La Fao ricorda la siccità e gli incendi estivi in Russia che hanno devastato i raccolti di grano e cereali (AsiaNews del 6.8.2010, La Russia proibisce l’esportazione di grano) e le pesanti piogge nell’India occidentale che hanno causato una scarsità di cipolle.
Tuttavia, esperti osservano che in Bangladesh i raccolti di riso del 2009/2010 hanno superato del 14% l’anno precedente, ma nel 2010 il prezzo è salito di circa il 33% (vedi AsiaNews del 27.10.2010, Asia: raccolti di riso in calo, in aumento il prezzo). Nel delta del fiume Mekong, in Vietnam, i raccolti di riso sono sufficienti al fabbisogno interno ma il prezzo è salito del 15% per fenomeni speculativi: i commercianti lo comprano a 400 dollari la tonnellata, il 6,4% più di un mese fa, per esportarlo a prezzo ancora maggiore nelle Filippine.
Viene pure ricordato che negli anni scorsi era salito il prezzo di pane e farina nonostante gli abbondanti raccolti di grano (vedi AsiaNews del 16.4.2008, Si espande in Asia la “crisi dei cereali”, dal Kazakistan alla Cina).
Per cui molti parlano di speculazione, seppure la Fao non la ritiene causa primaria degli aumenti. Esperti mettono sotto accusa lo stesso mercato mondiale degli alimenti, fondato sulla compravendita prima di sapere l’esito dei raccolti, cosa che dovrebbe garantire il mantenimento di prezzi stabili, almeno nel periodo breve: in realtà questo metodo non impedisce forti aumenti di prezzo al momento della rivendita, a danno anzitutto delle popolazioni più povere e bisognose.
Emblematico appare il caso del petrolio, che ieri ha superato i 103 dollari al barile e continua a crescere. Viene osservato che gli aumenti dipendono non solamente dalla quantità del prodotto disponibile, ma anche dalla sola crescita della domanda, dagli interessi degli investitori e dai problemi politici che mettono a rischio le forniture. Ad esempio la crescente domanda di energia della Cina, per usi industriali e per consumi privati, spinge in alto il prezzo del petrolio, come pure le proteste in Egitto con il rischio potenziale di ricadute sul Canale di Suez e sull’adiacente oleodotto che trasporta 2 milioni di barili al giorno (2,5% della produzione mondiale).
Analisti ritengono che identico meccanismo agisca per i prezzi degli alimenti, spinti in alto non più solo dal rapporto domanda/offerta, ma dal semplice aumento della domanda, dagli interessi degli speculatori e da ogni evento politico o naturale che possa colpire la produzione o la fornitura. In crescita pure le altre materie prime: il rame ha raggiunto i 10mila dollari la tonnellata.
Questi aumenti hanno poi un effetto a catena: il maggior prezzo del petrolio si riflette sul costo della vita in generale e trascina in alto i prezzi di altre materie, e viceversa.
Secondo esperti, i forti aumenti di prezzo del periodo sono anche conseguenza della politica finanziaria di Paesi che, come gli Stati Uniti, inondano il mercato di liquidità con una ricaduta di effetti inflattivi nel sistema globale (vedi AsiaNews del 26.1.2011, Rivolte per il caro prezzi: il frutto della politica della Fed).
Se questo è corretto, il rischio è un moltiplicarsi incontrollato di simili aumenti, con prevedibili problemi sociali. Le recenti proteste antigovernative in Algeria e Tunisia (che hanno contribuito alla rivolta in Egitto) sono state causate anche dal crescente costo degli alimenti. Ma già nel 2008 gli elevati costi alimentari avevano scatenato violente proteste di piazza in Egitto, Camerun e Haiti.
Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale dell’Onu, ritiene che “stiamo entrando in un’epoca di volatilità [nei prezzi] degli alimenti”. “Se la popolazione non ha abbastanza da mangiare, ha tre opzioni: ribellarsi, migrare, o morire. Dobbiamo avere un miglior piano di azione”.