Riscatto “molto elevato” per il sacerdote rapito a Baghdad
Lo rende noto mons. Warduni: “Siamo in contatto costante con i sequestratori, preghiamo per la sua liberazione”. Smentite le voci, circolate ieri, sulla liberazione di p. Nawzat, da tre giorni nelle mani dei suoi rapitori. Continua l’esodo dei cristiani dalla capitale: una Ong a Dora censisce le famiglie rimaste e le invita a non fuggire.
Baghdad (AsiaNews) – “Chiedono un riscatto molto elevato” i rapitori di p. Nawzat P. Hanna, il sacerdote caldeo sequestrato lo scorso 19 maggio a Baghdad. Lo riferisce ad AsiaNews mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei cattolici caldei della capitale, che smentisce le voci circolate ieri sulla liberazione del parroco.
“P. Nawzat è ancora nelle mani dei suoi rapitori – dice preoccupato il presule – con loro manteniamo contatti telefonici e abbiamo avuto garanzie della ‘buona salute’ del nostro sacerdote”. Rivolgendosi “a tutto il mondo”, mons. Warduni lancia il suo appello: “Preghiamo perché il Signore illumini i cuori di queste persone e p. Nawzat torni sano e salvo a casa”.
Parroco della chiesa di Mar Pithion, nel quartiere di Baladiyat, p. Nawzat usciva dall’abitazione di un malato, a cui era andato a fare visita, quando è stato fermato da persone “che lo aspettavano”. I sequestratori hanno subito attivato contatti con il Patriarcato caldeo a Baghdad per chiedere un riscatto in denaro.
Il rapimento di sabato scorso rientra nel più ampio quadro di violenze e intimidazioni dirette contro la comunità cristiana della capitale, dove gruppi integralisti stanno conducendo una campagna di “pulizia” porta a porta, quartiere per quartiere. Nella zona storica dei cristiani, Dora, la maggior parte delle chiese sono ormai chiuse, le famiglie fuggite, importanti istituzioni cattoliche sono state spostate al nord e dopo i numerosi sequestri di religiosi, il Patriarcato è stato costretto a trasferirne molti all’estero. In un’intervista ad Ankawa.com, p. Timathaus Alqas Isha, parroco della chiesa di Mart Shmoni (Antica chiesa assira dell’Est) a Dora racconta che un’Ong sta censendo le famiglie cristiane del quartiere invitandole a non lasciare le proprie case, senza poter offrire però una alternativa reale alla violenza che le insegue di strada in strada. Il sacerdote invita quindi le famiglie, che vivono nelle zone ancora considerate sicure, ad ospitare temporaneamente chi è costretto a fuggire.
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