Riprendono i colloqui per i confini contesi tra Cina e India
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – Riprendono oggi, dopo un anno di interruzione, i colloqui tra India e Cina per definire i confini tra i due Paesi, incerti dopo la guerra del 1962. Per due giorni a New Delhi si incontrano delegazioni di massimo livello, guidate dal Consigliere cinese di Stato Dai Bingguo e dal consigliere indiano per la Sicurezza M.K.Narayanan (nella foto). Gli esperti sono pessimisti sull’attuale possibilità di fare passi avanti.
I colloqui non sono facili, con New Delhi che accusa Pechino di avere creato forti strutture militari nelle regioni di confine Tibet e Xinjiang; a sua volta negli ultimi mesi l'India ha schierato nuove truppe e aerei presso il confine nell’Arunachal Pradesh.
L’India ha pure espresso preoccupazione per il progetto cinese di portare il treno espresso dal Qinghai-Tibet fino alle prefetture di Xigaze e Nyingchi, presso il confine.
La Cina rivendica circa 90mila chilometri quadrati di territorio, tra cui buona parte dell’Arunachal Pradesh che chiama Tibet meridionale. A sua volta l’India rivuole indietro circa 43.180 kmq nella regione Aksai Chin, al confine con il Kashmir, compresi 5.180 kmq ceduti dal Pakistan alla Cina. Quest’ultima richiesta accende l’ostilità cinese, che ricorda di avere ricevuto la zona nel 1963 dal Pakistan che la possedeva.
All’inizio del 13° colloquio di pace c’è stato qualche tentativo delle due parti di smussare le asperità. Molti media indiani raccomandano di non demonizzare il potente vicino. Il ministro indiano per gli Affari esteri S.M. Krishna ritiene difficili risultati immediati e afferma che occorrono tempo e pazienza. Zhang Yan, ambasciatore cinese in India, dice che i due Paesi sono “grandi vicini” e ricorda come i loro crescenti rapporti economici esigono di trattare i problemi esistenti con prudenza e disponibilità.
Queste parole contrastano con i violenti attacchi antiindiani operati dai media statali cinesi nei giorni scorsi. Al punto che Brahan Chellaney, professore di Studi strategici al Centro di ricerche politiche a New Delhi, ritiene che “l’obiettivo della Cina è impegnare l’India in colloqui senza esito, mentre intanto può cambiare a proprio favore il rapporto di forze sviluppando centri e strutture militari nella zona himalayana”.