Rilasciata dal carcere Mao Hengfeng, ridotta in sedia a rotelle
La nota dissidente è stata da febbraio nell’ospedale del carcere di Shanghai, sottoposta a percosse e torture fisiche e morali. Era stata condannata a 18 mesi di lavori forzati per avere protestato per il processo di Liu Xiaobo. “L’ospedale del carcere – ha scritto – è un inferno vivente”.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La dissidente Mao Hengfeng è stata rilasciata ieri dal campo di Rieducazione-tramite-lavoro, un mese prima del termine della pena di 18 mesi, per le pessime condizioni di salute in cui è ridotta. Il marito Wu Xuewei denuncia le torture fisiche e morali inflitte alla moglie in carcere.
La donna, scortata da più di 10 poliziotti, è tornata alla sua casa di Shanghai in sedia a rotelle (nella foto), come spiega il gruppo Human Rights in China. Dal 24 Febbraio è stata detenuta presso l’Ospedale generale del carcere di Shanghai, dove – dice Wu – non le era permesso di alzarsi e camminare, né di parlare con qualcuno. “L’ospedale – ha scritto Mao a Wu in un messaggio – è un inferno vivente. Non mi è permesso di lasciare il letto e camminare. Sono stata percossa diverse volte per avere disubbidito a ordini”.
La donna per anni si è battuta contro la legge del figlio-unico, da quando nel 1988 è stata licenziata dal lavoro in una fabbrica di sapone dopo che era rimasta incinta per la seconda volta e aveva rifiutato di abortire, contravvenendo al generale divieto di avere più di un figlio.
Nel marzo 2010 è stata condannata a 18 mesi di rieducazione-tramite-lavoro, veri lavori forzati irrogati senza un vero processo e senza difesa, per “disturbo dell’ordine sociale”: il 25 dicembre 2009 aveva urlato slogan di protesta per il processo di Liu Xiaobo avanti al Corte intermedia del popolo n.1 a Pechino.
Il 22 febbraio 2011 è stata rilasciata per la cattive condizioni mediche, ma è stata riarrestata dopo due giorni con l’accusa di avere compiuto “attività illegali”, non meglio precisate. Wu ha protestato che nei due giorni erano stati sotto costante controllo della polizia e la moglie era uscita solo una volta per andare a cena con amici la sera del rilascio (vedi AsiaNews del 25/02/2011, Dissidente cinese arrestata: lottava contro la legge sul “figlio unico”).
Dopo l’arresto per mesi Wu non ha potuto sapere dove Mao era detenuta. Il 9 giugno gli è stato detto, ma non ha potuto vederla.
Per la sua attività di petizioni, la donna è stata più volte internata con la forza in ospedali psichiatrici e sottoposta ad abusi e torture.
La donna, scortata da più di 10 poliziotti, è tornata alla sua casa di Shanghai in sedia a rotelle (nella foto), come spiega il gruppo Human Rights in China. Dal 24 Febbraio è stata detenuta presso l’Ospedale generale del carcere di Shanghai, dove – dice Wu – non le era permesso di alzarsi e camminare, né di parlare con qualcuno. “L’ospedale – ha scritto Mao a Wu in un messaggio – è un inferno vivente. Non mi è permesso di lasciare il letto e camminare. Sono stata percossa diverse volte per avere disubbidito a ordini”.
La donna per anni si è battuta contro la legge del figlio-unico, da quando nel 1988 è stata licenziata dal lavoro in una fabbrica di sapone dopo che era rimasta incinta per la seconda volta e aveva rifiutato di abortire, contravvenendo al generale divieto di avere più di un figlio.
Nel marzo 2010 è stata condannata a 18 mesi di rieducazione-tramite-lavoro, veri lavori forzati irrogati senza un vero processo e senza difesa, per “disturbo dell’ordine sociale”: il 25 dicembre 2009 aveva urlato slogan di protesta per il processo di Liu Xiaobo avanti al Corte intermedia del popolo n.1 a Pechino.
Il 22 febbraio 2011 è stata rilasciata per la cattive condizioni mediche, ma è stata riarrestata dopo due giorni con l’accusa di avere compiuto “attività illegali”, non meglio precisate. Wu ha protestato che nei due giorni erano stati sotto costante controllo della polizia e la moglie era uscita solo una volta per andare a cena con amici la sera del rilascio (vedi AsiaNews del 25/02/2011, Dissidente cinese arrestata: lottava contro la legge sul “figlio unico”).
Dopo l’arresto per mesi Wu non ha potuto sapere dove Mao era detenuta. Il 9 giugno gli è stato detto, ma non ha potuto vederla.
Per la sua attività di petizioni, la donna è stata più volte internata con la forza in ospedali psichiatrici e sottoposta ad abusi e torture.
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