06/06/2009, 00.00
SRI LANKA
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Rifugiati e riconciliazione: lo Sri Lanka si interroga sul futuro

di Melani Manel Perera
La popolazione pone domande sul destino del Paese dopo quasi 30 anni di guerra. Sarath Nanda Silva, presidente della Corte suprema: “I rifugiati non possono attendere il corso normale della giustizia”. Sarath Fernando, attivista per i diritti umani:“Stiamo celebrando la vittoria della pace o la vittoria di un gruppo su un altro?”.
Colombo (AsiaNews) - “Stiamo celebrando la vittoria della pace su chi ha compiuto violenze e seminato il terrore o la vittoria di un gruppo su un altro? Avremo un’autorità dominante e oppressiva nella mani di un solo gruppo? I profughi rimarranno degli sfollati per lunghi anni o per l’eternità?”. Per Sarath Fernando, attivista per i diritti umani e responsabile del Movement of Lands and Agriculture Reforming, lo Sri Lanka deve cominciare a rispondere a queste domande decisive per il suo futuro.
 
Il destino dei rifugiati, la società che nascerà dopo quasi 30 anni di guerra: sono temi che cominciano a preoccupare la popolazione del sud dell’isola ancora alle prese con le celebrazioni per la vittoria dell’esercito sulle Tigri.
 
Nei campi profughi nel nord del Paese vivono 300mila profughi tamil, sopravvissuti allo scontro finale tra le forze governative e i ribelli del Liberation Tigers of Tamil Eelam. La fine del conflitto lascia aperta la domanda sul loro futuro e sulla possibilità di convivenza tra la maggioranza singalese e la minoranza tamil.
 
Per Fernando “c’è un solo modo ragionevole per sconfiggere e superare qualunque forma di terrorismo”: la riconciliazione tra i popoli e tra le diverse componenti della società. “È un processo da portare avanti insieme per vincere le sofferenze, le avversità, le incomprensione e la mancanza di fiducia generate dalla guerra e anche dallo scontro politico e ideologico che ha guidato le parti in conflitto”.
 
Il primo passo da fare è quello di aiutare i profughi subito e riconsegnare loro al più presto case e terreni. Wickremabahu Karunarathna, leader del New Left Front, la considera “una questione cruciale” su cui le autorità di Colombo devono essere chiare. “Se il governo afferma di aver identificato 10mila ribelli tra i 300mila rifugiati e dice di averli spostati dai campi profughi, per quale ragione deve ancora costringere centinaia di migliaia di civili innocenti a vivere in centri circondati da filo spinato”.
 
Sarath Nanda Silva, presidente della Corte suprema dello Sri Lanka, dopo aver visitato il campo profughi di Cheddikulam, afferma: “Potrò essere punito per quanto dico, ma i rifugiati non possono attendere il corso normale della giustizia del Paese”. Devono essere riportati quanto prima nelle loro terre. E la situazione in cui vivono è talmente drammatica da spingere Silva a lanciare un monito: “Dobbiamo provvedere ai loro bisogni. Se falliremo in questo compito saremo dannati”.
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