Respinti dalla marina thai, 97 Rohingya muoiono di fame e stenti in mare aperto
Delhi (AsiaNews) - Sono morti di fame e di stenti 97 birmani Rohingya, fuggiti dalle violenze etniche e confessionali che infiammano lo Stato di Rakhine, dopo aver vagato per almeno 25 giorni in mare aperto senza alcuna assistenza. A raccontare il loro dramma sono altre 33 persone, riuscite a salvarsi quasi per miracolo e recuperate la scorsa settimana dalla guardia costiera dello Sri Lanka. Alla minoranza musulmana del Myanmar non è mai stato riconosciuto lo status di rifugiati politici e, anche quando cercano riparo in altre nazioni asiatiche, sono vittime di respingimenti, emarginazioni e abusi.
Dalle parole dei sopravvissuti emerge che l'imbarcazione era diretta verso le coste della Malaysia, quando è stata intercettata da una nave della marina della Thailandia. I militari thai - sebbene Bangkok respinga le accuse - avrebbero fermato la barca di fortuna e sequestrato il motore, lasciandola poi andare alla deriva con a bordo 130 persone. Essi hanno trascorso 25 giorni in mare aperto, in balia della corrente, senza acqua né cibo; l'intervento della guardia costiera dello Sri Lanka, il 23 febbraio scorso, circa 250 miglia al largo della costa orientale, ha permesso di salvare le persone ancora in vita mentre l'imbarcazione cominciava ad affondare.
Tutti i superstiti, 32 uomini e un ragazzo, sono stati trasferiti in un centro di detenzione per immigrati nei pressi di Colombo, in attesa di provvedimenti; molti di loro soffrono di gravi problemi causati dalla disidratazione. Shofiulla, uno dei sopravvissuti, racconta che il viaggio "è molto pericoloso, ma abbiamo dovuto farlo... temevamo per le nostre vite, niente lavoro e combattimenti terribili [in patria]". Egli aggiunge che ciascuna delle persone a bordo ha dovuto sborsare 465 dollari per salire a bordo della barca, partita dalle coste birmane il 10 gennaio.
Nel giugno 2012 la Corte distrettuale di Kyaukphyu, nello Stato di Rakhine ha condannato a morte tre musulmani, ritenuti responsabili dello stupro e dell'uccisione a fine maggio di Thida Htwe, giovane buddista Arakanese (Rakhine). Questa l'origine dei violenti scontri interconfessionali fra musulmani e buddisti (cfr. AsiaNews 19/06/2012 Rakhine, violenze etniche: tre condanne a morte per lo stupro-omicidio della donna). Nei giorni seguenti, una folla inferocita ha accusato alcuni musulmani uccidendone 10, del tutto estranei al fatto di sangue. La spirale di odio ha causato la morte di altre 29 persone, di cui 16 musulmani e 13 buddisti. Secondo le fonti ufficiali sono andate in fiamme almeno 2600 abitazioni, mentre centinaia i profughi Rohingya hanno cercato rifugio all'estero. Secondo le stime delle Nazioni Unite in Myanmar vi sono almeno 800mila musulmani Rohingya che, il governo, considera immigrati irregolari e per questo vittime di abusi e persecuzioni.