Religiosi in visita ai rifugiati, prigionieri dei campi profughi
di Melani Manel Perera
Una rappresentanza della Conferenza dei superiori maggiori visita gli sfollati a Vavuniya. Nel racconto inviato ai vescovi descrivono una situazione drammatica. Chiedono un’azione di solidarietà della Chiesa a livello nazionale. Non basta raccogliere cibo e soldi, bisogna andare in missione tra la popolazione del nord.
Colombo (AsiaNews) - Bambini abbandonati e separati dai loro genitori, feriti senza assistenza, profughi prigionieri dei campi di accoglienza, condizioni sanitarie drammatiche. Nove membri della Conferenza dei superiori maggiori dei religiosi (Cmrs) hanno scritto alla conferenza episcopale dello Sri Lanka quanto visto nei tre giorni di visita a Vavuniya tra gli sfollati.
Dal 26 al 28 febbraio hanno visitato una delle zone più colpite dal conflitto ventennale tra esercito e ribelli tamil parlando con i profughi, le persone che li assistono ed il clero locale. “Nonostante avessimo il permesso dell’Assistant Governament Agent, ci hanno permesso di visitare solo uno dei campi [governativi ndr]”. Nei 13 centri gestiti dall’esercito entrano solo i militari e alcune ong che rispondono a Colombo. Anche il vescovo di Mannar non ha mai potuto visitare i campi, nonostante siano nella sua diocesi.
I rifugiati non possono uscire dai centri e i religiosi raccontano che molti di loro “si pentono di aver dato ascolto agli appelli del governo e di aver raggiunto le zone controllate dai militari”. Lontani da tutti, i rifugiati non hanno notizie dei parenti rimasti a casa, i nuclei familiari sono spesso divisi e ci sono molti bambini senza genitori. Le condizioni sanitarie e alimentari in cui vivono gli sfollati sono drammatiche. I religiosi temono che si possano protrarre per lungo tempo, anche anni.
Nel loro viaggio i rappresentanti del Cmrs hanno visitato anche l’Ospedale generale di Vavuniya. Raccontano di feriti senza assistenza a causa della situazione di emergenza in cui versa la struttura. “Molti hanno perso gli arti”, “tutti hanno visto con i loro occhi morire qualcuno sotto le bombe”. Anche per i ricoverati c’è il dramma di non avere notizie di amici e parenti e il terrore di non sapere dove andare una volta dimessi.
Tra i settori più colpiti dall’emergenza c’è anche quello dell’educazione. Molte scuole sono state trasformate in centri di accoglienza così non solo i rifugiati non frequentano le lezioni, ma anche i ragazzi che in quelle scuole dovrebbero studiare. Nei campi non ci sono insegnanti e nemmeno religiosi di qualunque fede che possano portare conforto alle persone.
I religiosi chiedono ai vescovi dello Sri Lanka di scongiurare il peggioramento della situazione e promuovere un’azione di solidarietà della Chiesa a livello nazionale. “Il problema non è semplicemente raccogliere soldi e beni di prima necessità per gli sfollati - affermano i religiosi - ma raggiungere quella terra con la nostra missione ed evangelizzazione”.
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