Razzismo russo contro giovani coreani
L’ambasciata di Seoul ha chiesto al governo di Mosca di proteggere i 2 mila studenti coreani, spesso picchiati o uccisi. Putin: Razzismo, problema “tragico”.
Mosca (AsiaNews) – Violenze a sfondo xenofobo e razzista in Russia non sono una novità. Da qualche tempo, però, le aggressioni colpiscono in modo crescente – oltre che i “soliti” caucasici, tagiki e africani – anche i giovani coreani che a migliaia studiano il russo nella Federazione con programmi di scambi universitari.
Il livello di allarme è alto, tanto che l'ambasciata coreana a Mosca ha chiesto al Cremlino di garantire l'incolumità dei 2mila giovani coreani presenti sul suo territorio.
L'ultimo episodio risale al 7 marzo, quando nella capitale un uomo col volto coperto ha accoltellato un ragazzo coreano al collo ed è scappato via. Lo studente, 29 anni, ora è in gravi condizioni dopo aver subito un intervento chirurgico. Il mese scorso, nella città siberiana di Barnaul, capitale della regione di Altai, un gruppo di giovani russi aveva picchiato a morte uno studente originario di Gwangju. La polizia ha arrestato tre giovani in relazione all'attacco, il cui movente “non è riconducibile a rapina”, sostengono i diplomatici coreani in Russia.
Ora la comunità di studenti, racconta il Korea Herald, teme il ripetersi di aggressioni razziste e si sente indifesa. Lo stesso quotidiano sottolinea anche la difficoltà a fidarsi delle promesse delle autorità russe, “già alle prese con la generale impennata dei crimini a sfondo razziale” nel Paese.
Aggressioni contro cittadini dai lineamenti non europei sono all'ordine del giorno in Russia. Le autorità sostengono che il numero di questi crimini sia in calato l'anno scorso, in seguito alla campagna di repressione contro i gruppi estremisti. A febbraio il premier Vladimir Putin ha definito “tragico” il problema del razzismo in Russia, ma ha detto che la reazione della forze dell'ordine “corrisponde pienamente al livello di minaccia”. Numerose associazioni per la difesa dei diritti umani, però, continuano a denunciare il persistere di un generale clima di impunità: nei tribunali le violenze xenofobe finiscono per lo più coll'essere classificate come generici atti vandalici.
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