Rayong: da oltre 10 anni, rifugiati thai lottano per la cittadinanza
Bangkok (AsiaNews) - Ancora oggi circa 20mila sfollati della provincia di Rayong, a circa 220 km dalla capitale Bangkok, devono combattere perché venga riconosciuto loro il diritto di cittadinanza e siano considerati a tutti gli effetti thailandesi, con pari diritti e doveri. La loro battaglia dura da oltre un decennio e, finora, nulla è cambiato sebbene il Parlamento abbia approvato di recente una legge (Act for Thai displaced persons), che dovrebbe regolare la questione e garantire la cittadinanza agli aventi diritto. Fra i problemi maggiori che devono affrontare nella vita quotidiana vi sono l'impossibilità di usufruire di assistenza sanitaria, educazione e istruzione, unite alla mancanza di libero spostamento perché confinati in appositi centri di accoglienza.
Preda Kongpan, responsabile dei centri della provincia costiera orientale di Rayong, e profonda conoscitrice dei problemi che riguardano i rifugiati, spiega ad AsiaNews il suo decennale lavoro, costellato dai numerosi incontri con esponenti governativi per tutelare i diritti degli sfollati. "Siamo tentati di risolverci i problemi da soli - sottolinea la donna - perché, in quanto persone non registrate, dobbiamo fronteggiare numerose difficoltà". Fra le tante, che ogni giorno si ripetono, vi è l'impossibilità di ottenere un contratto di lavoro regolare, di registrare nascite e decessi, fino al caso estremo che "se una ragazza viene stuprata, non può nemmeno sporgere denuncia alla polizia".
Per questo da oltre 10 anni è nata una rete che unisce gli sfollati della provincia e cerca di tutelarne gli interessi davanti alle autorità locali e nazionali. Alcuni funzionari di governo, aggiunge Preda, "ci ignorano deliberatamente per ragioni di pubblica sicurezza", mentre il governo considera i rifugiati alla stregua di "cittadini di serie B".
Tuttavia, il ruolo centrale della discussione verte attorno ai membri del Comitato, nominati dall'esecutivo, e chiamati a stabilire o meno il diritto di cittadinanza agli sfollati. Essi contestano la formazione e la scelta dei componenti; all'interno vi devono essere anche personalità del mondo della cooperazione, esperti di problemi sociali e rappresentanti degli sfollati "per farsi carico e portavoce delle loro esigenze".
Ai primi di maggio Rasita Sui-young, una sfollata, ha guidato una delegazione composta da un centinaio di persone, che ha incontrato il ministro degli Interni Yongyuth Wichaidit: al centro della discussione eventuali modifiche alla Commissione, verso le quali il funzionario governativo ha dato una "disponibilità di massima". "Gli sfollati vivono da dieci anni - spiega Rasita - una situazione tremenda; non hanno nemmeno accesso ai diritti umani di base, garantiti agli altri cittadini thai".
Secondo le statistiche, oggi in Thailandia vi sono almeno due milioni di profughi, impossibilitati a difendere i loro diritti, emarginati a livello sociale ed economico. Essi appartengono a due diverse tipologie: la prima comprende i cittadini birmani, con origini o lontane parentele in Thailandia: Bangkok ha fissato per loro il 9 marzo 1976 come termine ultimo per scegliere la cittadinanza thai. Il secondo gruppo è formato da persone originarie di una provincia thai, passata con il colonialismo francese in territorio cambogiano. Per loro il termine per diventare cittadini thailandesi è scaduto il 15 novembre 1977.