Rapporti Cina-Vaticano, fumo negli occhi per le Olimpiadi
Roma (AsiaNews) - I questi giorni continuano a girare voci di un’imminente miglioramento dei rapporti fra la Cina e il Vaticano, tanto da poter pensare a una visita di Benedetto XVI a Pechino, magari per le Olimpiadi. Le fonti cinesi citate per questi apprezzamenti sono nientemeno il direttore dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi, Ye Xiaowen e il vicepresidente dell’Associazione patriottica dei cattolici, Antonio Liu Bainian. Durante il suo viaggio a Washington, Ye ha detto che “la distanza fra le due parti sta diventando sempre minore”; Liu viene citato per aver detto spesso di sognare il papa che celebra messa a Pechino.
Personalità vaticane contattate da AsiaNews confermano invece che all’orizzonte non si vedono grandi segnali di miglioramento dei rapporti, né della libertà religiosa nel Paese. Almeno 2 vescovi della Chiesa non ufficiale (mons. Giacomo Su Zhimin, di Baoding; mons. Cosma Shi Enxiang di Yixian) e uno della Chiesa ufficiale (mons. Martin Wu Qinjing, di Zhouzhi , Shaanxi) sono scomparsi nelle mani della polizia rispettivamente da 11 anni, 6 anni e un anno. Vi sono poi vescovi sotterranei in isolamento forzato, vescovi ufficiali controllati, vescovi morti in prigionia, sacerdoti condannati al lager… Giustamente un’anonima personalità vaticana ha dichiarato due giorni fa a Reuters: “Se non si arriva a un livello decente di libertà religiosa, cosa può fare il papa a Pechino?”.
La domanda che ci poniamo è: come mai si creano così tante “buone notizie” sui rapporti Cina-Santa Sede, tanto che perfino nei ristoranti cinesi si parla del “prossimo viaggio del papa in Cina”?
Abbiamo girato la domanda a nostre fonti in Cina. Le risposte sono molto significative: la grande enfasi sull’avvicinamento fra Cina e Vaticano è scoppiata pochi giorni dopo lo schiaffo morale ricevuto da Pechino per il rifiuto di Steven Spielberg a partecipare alla preparazione alle Olimpiadi.
Mettere in mezzo il Vaticano e accennare a miglioramenti è un modo per distogliere l’attenzione alla condanna internazionale contro l’operato della Cina nel Darfur, che significa bollarla ancora come uno Stato-paria nel rispetto dei diritti umani. Far girare la voce che il papa sarebbe pronto ad andare a Pechino per le Olimpiadi o che c’è un ammorbidimento, è un tentativo di mettersi sotto un ombrello morale, al riparo dalla pioggia di critiche, che accusa la Cina di immobilismo, di non cambiare nulla soprattutto sui diritti umani.
Quanto agli apprezzamenti di Ye e Liu Bainian, essi sembrano l’estremo tentativo di salvarsi da una imminente purga nelle Associazioni patriottiche e nel ministero degli affari religiosi. Sia Ye che Liu sono da decenni a capo delle organizzazioni di controllo delle religioni e della Chiesa cattolica. E sono ormai presi di mira dagli stessi membri delle loro organizzazioni: anzitutto perché le loro cariche stanno durando più di quella del presidente della Repubblica popolare cinese (6 anni) e poi perché in questi anni essi hanno sempre acuito la tensione in Cina e nei rapporti col Vaticano.
Proprio Liu, nell’estate scorsa, ha fatto una campagna contro la Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi, accusandolo di “ignoranza” e di voler far ritornare la Chiesa in Cina a una situazione di “colonialismo”. Ye, invece, continua a difendere “l’indipendenza” della Chiesa cinese, contro “l’ingerenza” della Santa Sede nelle nomine dei vescovi.
È probabile che i rapporti fra Cina e Vaticano miglioreranno. Ma forse solo dopo che questi due andranno in pensione.
18/06/2018 10:55