24/05/2013, 00.00
MYANMAR
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Rakhine: sul modello cinese, pianificazione familiare per contenere i musulmani Rohingya

I membri della minoranza non potranno avere “più di due figli”. Una norma che vuole “fermare il boom demografico” ed è “in linea”, secondo il portavoce dello Stato, con le raccomandazioni del governo centrale. Con il pretesto della lotta alla poligamia, attivisti denunciano una campagna di “pulizia etnica”.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità dello Stato di Rakhine, nell'ovest del Myanmar, teatro di violenze etniche e confessionali fra la maggioranza buddista e la minoranza musulmana, con centinaia di vittime e sfollati, ha introdotto il controllo delle nascite per i Rohingya. Ciascuna famiglia del gruppo etnico-religioso, che ad oggi non gode del diritto di piena cittadinanza a differenza di altre realtà minoritarie del Paese, potrà avere al massimo due figli. Nelle scorse settimane era stata avanzata la proposta di introdurre programmi di pianificazione familiare nello Stato, con l'obiettivo di allentare le tensioni interconfessionali e contenere la presenza di una minoranza considerata alla stregua di "immigrati irregolari".

La misura, che si inserisce in un quadro di provvedimenti colti a colpire la poligamia, caratteristica dell'islam arabo e sunnita, entrerà in vigore nei prossimi giorni e riguarderà il distretto di Maungdaw, nello Stato di Rakhine, che comprende le cittadine di Maungdaw e Buthidaung. Entrambe sorgono lungo il confine con il Bangadesh, in un'area abitata in gran parte da esponenti della minoranza musulmana Rohingya, il solo gruppo etnico per il quale varrà la "legge dei due figli".

Win Myaing, portavoce del governo dello Stato di Rakhine, spiega che le misure contribuiranno a "fermare il boom demografico" dei Rohingya e sono "in linea" con le raccomandazioni giunte dal governo centrale.

Dal giugno dello scorso anno la zona è teatro di scontri violentissimi fra buddisti birmani e musulmani Rohingya (800mila circa in tutto il Myanmar), che hanno causato almeno 200 morti e 140mila sfollati. Per il movimento attivista con base negli Stati Uniti Human Rights Watch (Hrw) nella zona è in atto una vera e propria "pulizia etnica" dal parte delle autorità.

L'elemento etnico e confessionale, il colore della pelle più scuro e la diversa cultura, sono alcuni dei motivi che - in prima lettura - forniscono una spiegazione al conflitto che vede opposte la maggioranza buddista e la minoranza musulmana Rohingya, ribattezata in modo dispregiativo "Bengalis" o ancora "kalar". Tuttavia, nel quadro potrebbero inserirsi anche interessi strategici a livello economico e commerciale, che giustificano una crescente tensione nello Stato di Rakhine, una delle zone più povere e meno sviluppate di tutto il Myanmar.

Secondo alcune fonti vi sarebbero infatti racchiusi nel sottosuolo - e ancora inesplorati - vasti giacimenti di petrolio e gas naturale. A questo si aggiungono i progetti già operativi, come l'oleodotto che parte dallo snodo portuale di Kyaukphyu (considerata Zona economica speciale, Sez, terza nel Paese dopo Thilawa e Dawei) e che termina a Kunming, capoluogo della provincia cinese dello Yunnan. Un collegamento strategico pronto entro il 2015, e che consente di evitare il passaggio del greggio proveniente dall'area Mediorientale attraverso lo stretto di Malacca.  

 

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