Rajasthan, marcia silenziosa contro le violenze anti-cristiane
Migliaia di persone cristiani, musulmani e leader della sinistra parlamentare hanno sfilato per le strade della capitale contro gli attacchi ai danni dei cristiani. Vescovo di Jaipur: "Siamo cristiani ed amiamo la nostra terra, ma non rinunciamo a difendere la vita che ci è stata donata da Dio".
Jaipur (AsiaNews) Migliaia di cristiani hanno sfilato in silenzio ieri, 21 marzo, lungo le strade di Jaipur - la "città rosa", capitale del Rajsthan - per protestare contro l'aumento delle violenze anti-cristiane nello Stato. Gruppi di musulmani ed esponenti della sinistra parlamentare si sono aggiunti alla protesta, organizzata dall'Unione per le libertà civili, che si è conclusa all'esterno del Parlamento statale. Erano presenti anche mons. Oswald Lewis, vescovo di Jaipur, e mons. Ignatius Menezes, vescovo di Ajmer.
"E' stata una protesta pacifica dice ad AsiaNews mons. Lewis dove ho voluto parlare del contributo della Chiesa allo sviluppo ed al progresso dell'India. Ho sottolineato che siamo tutti indiani e che l'India è la nostra amata madre-patria, la terra in cui affondano le nostre radici".
Il commento del vescovo si riferisce agli slogan urlati dai nazionalisti in occasione di tutte le proteste e gli attacchi anti-cristiani, che invitano i cristiani "a tornare da dove sono venuti" e dipingono le istituzioni della Chiesa in India come "roccaforti dell'Occidente".
Il presule ha risposto anche alle accuse lanciate dal Bharatiya Janata Party - Bjp, il più grande partito politico indiano, di impronta nazionalista che ha in più riprese attaccato "il terrorismo operato dai missionari cristiani" nei confronti della popolazione tribale e sta cercando di introdurre una "legge anti-conversione" all'interno del Rajasthan.
"L'impegno della Chiesa dice il presule si concentra nelle aree rurali non per desiderio di convertire chi vive lì, come affermano i nostri detrattori, ma perché sono zone che hanno assoluto bisogno di aiuto, in primo luogo medico e didattico, che nessuno vuole fornire". "Ho voluto fornire anche le statistiche statali degli istituti sanitari e degli ospedali, dei dispensari medici e delle altre strutture rette dalla Chiesa: tutti luoghi in cui può entrare chiunque, senza distinzione di casta, fede o credo".
"Voglio che sia chiaro ha concluso che come cristiani adoriamo un Verbo di amore e perdono e preghiamo per i nostri persecutori, ma non per questo rinunciamo al diritto di difendere la vita che ci è stata donata da Dio. Questa marcia vuole mettere in luce la persecuzione, le intimidazioni ed i pericoli che corriamo solo perché cristiani, pur essendo indiani".
I partecipanti hanno condannato pubblicamente, nel corso della manifestazione, l'arresto del leader protestante Samuel Thomas, della missione internazionale Emmanuel, condannato per aver pubblicato un libro ritenuto offensivo nei confronti dell'induismo, i numerosi attacchi alle missioni cristiane e le cerimonie di "riconversione all'induismo" che avvengono "sempre più spesso e sempre nei confronti dei tribali".
Remond Kohilo, presidente della Compagnia dei cristiani del Rajasthan, ha concluso: "Il vero motivo che ci fa marciare è la voglia di farla finita con questi attacchi. Nell'ultimo periodo abbiamo affrontato una dura opposizione e, purtroppo, abbiamo subito molte atrocità, ma i nostri figli non devono essere costretti a vivere in questa situazione".