17/09/2009, 00.00
FILIPPINE
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Quando perdere il lavoro aiuta a guadagnare la fede

di Santosh Digal
Nel 2009 oltre 200mila lavoratori migranti filippini hanno perso il lavoro. Ingegnere cattolico racconta la sua esperienza e invita a vivere le avversità della crisi economica con fede e speranza.

Manila (AsiaNews) – “La crisi è stata per me come un fulmine a ciel sereno, ma tutto ciò mi sta insegnando a dipendere più dalla volontà di Dio che dalle capacità umane e ad avere speranza”. È quanto afferma Cristopher Agas, ingegnere meccanico filippino di Manila, licenziato negli Stati Uniti e costretto a ritornare nelle Filippine. Qui al collasso dell’economia locale sia aggiunge la drammatica condizione di oltre 10 milioni di migranti. Nel 2009 in 200mila hanno perso il lavoro, impoverendo le famiglie rimaste in patria. Nonostante ciò sono oltre 2mila i lavoratori ogni giorno lasciano il Paese.   

Agas è uno dei 200mila rientrati in patria. Nel 1998 emigra in America con tutta la famiglia e trova lavoro in una multinazionale. Per dieci anni guadagna circa 8mila dollari al mese (5mila euro) riuscendo a mantenere moglie e cinque figli. Nel novembre del 2008 viene licenziato e decide di tornare nelle Filippine.

Egli racconta ad AsiaNews che “ritornati in patria io e la mia famiglia dipendevamo solo dai soldi risparmiati negli Usa. Insieme a mia moglie Maria perdevo intere giornate andando da un posto all’altro per cercare lavoro e in pochi mesi abbiamo speso tutto. I nostri parenti non riuscivano ad aiutarci, l’unica salvezza era trovare un impiego”.

Agas e sua moglie hanno trovato lavoro alla fine del febbraio 2009. Il loro reddito è oggi di soli 20mila pesos al mese, circa 284 euro, che oltre al sostentamento devono bastare per le spese scolastiche dei figli. Nonostante ciò Maria afferma che “anche se ora i nostri salari non sono alti, siamo contenti. Abbiamo trovato i mezzi sufficienti per sopravvivere. Ringraziando Dio, i tempi duri stanno finendo”. Lei continua dicendo che “ogni avversità è un’opportunità per crescere nella fede e non per cadere nella disperazione. In America eravamo sempre stressati per mantenere un alto tenore di vita e non  avevamo tempo nemmeno per pregare o per stare insieme. Ora possiamo andare a messa e dedicare più tempo ai nostri figli”.

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