"Quando insegnai il thai al papa"
Milano (AsiaNews) - Cosa si prova a collaborare col papa nella preparazione di un viaggio apostolico? Padre Angelo Campagnoli, a lungo missionario del Pime in Thailandia, coinvolto dalla Santa Sede nel viaggio papale in quel Paese nel 1984, descrive la sua singolare esperienza su Wojtyla Papa missionario.
Il racconto di padre Campagnoli intreccia aneddoti gustosi e considerazioni interessanti sotto il profilo missionario.
C'è, ad esempio, il ricordo dell'impegno del pontefice nell'imparare secondo una tradizione consolidata qualche frase in lingua locale per simpatizzare con la gente. Scrive Campagnoli: "Santo Padre" - fu una delle mie ultime raccomandazioni "alla frase 'il Papa ama la Thailandia': c'è il rischio che invece di "Muang thai" (cioè Thailandia) sfugga "Man taai" (che significa "patata morta")".
Continua il missionario: "Quel 10 maggio 1984 ero là anch'io allo stadio di Bangkok con le decine di migliaia venuti da tutto il paese ad accogliere il papa. I giornali locali avevano ribadito l'improbabilità che il papa potesse dire qualche parola in thai. Dal grande stupendo palco al centro dello stadio, la prima espressione del papa in thai equivalente al "Sia lodato Gesù Cristo" prese tutti di sorpresa. Il papa incalzò subito con "Il Papa ama la Thailandia", ma, ahimé, suonò più come "patata morta"! Il cardinale di Bangkok toccò lievemente il braccio del papa che in un baleno, prima ancora che la massa se ne rendesse conto, si corresse "Il papa ama la Thailandia!". E lo stadio quasi crollò dalle grida e salti gioiosi della folla incredula d'averlo inaspettatamente sentito nella sua lingua, inclusi gli ignari e sorpresi dignitari sul palco".
La preparazione del viaggio era cominciata alcuni mesi prima. Padre Campagnoli rievoca un colloquio con Giovanni Paolo II, nel corso del quale il papa si mostrò vivamente interessato a conoscere l'esperienza in missione del suo interlocutore. Annota Campagnoli: "Il papa mi chiese: In 12 anni quanti adulti hai battezzato? Nella pausa in cui stavo cercando di ricordare il numero esatto, lui intervenne: Via, pressappoco. Sei o sette, Santità, fu la mia risposta. E gli zeri? incalzò. No, Santità, non ci sono zeri. Ma cosa sei là a fare?! fu la logica, tremenda domanda. Toccato sul vivo, risposi: Se vuole, glielo spiego. "Sono qui in ascolto", concluse".
Padre Angelo prosegue: "Devo aver parlato di seguito almeno mezz'ora, incalzato da alcune domande puntuali del papa su alcuni dettagli che mi fecero capire come gli non era per niente a digiuno sull'argomento. Continuai descrivendo la mia vita tra gente impossibile da convertire secondo i parametri ufficiali, perché per loro il buddismo è tutt'uno con cultura, tradizione, feste, stile ordinario di vita. Che uno dica "io non sono più buddista" suona come dicesse "non sono più thai, ho rinnegato tutto il bene che ho ricevuto da sempre".
Eppure spiegai al Papa - ci affidano i loro figli nelle nostre scuole dove la visione cristiana della vita e dell'uomo sono la base esplicita dell'educazione che impartiamo. Ci invitano ai posti d'onore negli avvenimenti civili importanti, ci consultano per programmi di utilità pubblica. Il Prefetto della provincia, presiedendo una festa nella nostra scuola, giunse a dire nel discorso ufficiale che la nostra presenza ha cambiato la storia della città. Più di una volta mi sono sentito dire in tono di massima stima "Ti sentiamo come uno di noi. Peccato che non sei buddista!".
Continua Campagnoli: "Un sospiro, tra il divertito e il preoccupato, mi fece proseguire: Che ne dice, Santità, devo continuare tra questa gente con così poche conversioni, o devo andare altrove? No, no! - intervenne il Papa con voce forte e decisa - continua così e fa che anche altri vengano ad aiutarti a fare come te. È un lavoro importante, necessario per la Chiesa! Vi lascio immaginare l'ondata di consolazione riversata in me da quelle parole".14/04/2005