Pyongyang usa una vecchia madre per svicolare dalle accuse di sequestri
Dopo quasi 30 anni la Corea del Nord "ritrova" un giovane che ha rapito per farne una spia e gli consente di incontrare la madre. Nel frattempo ha sposato una giapponese, anch'essa sequestrata, che Kim Jong-il aveva dato in un primo momento per morta.
Seoul (AsiaNews) L'8 giugno il ministero degli esteri della Corea del nord ha informato il governo di Seoul che era stato rintracciato il sud-coreano Kim Young-nam (44 anni) e che il governo stava organizzando un incontro tra Kim e sua madre, Choi Gye-wol, di 82 anni, per ragioni umanitarie. L'incontro dovrebbe avvenire durante una riunione di famiglie presso il monte Kumgang, programmata per il 20-22 giugno. Il telegramma, firmato da Kwon Ho-ung, delegato per le relazioni inter-coreane, concludeva dicendo: "Vogliamo che il governo del Sud prenda tutte le misure responsabili per assicurare che non ci siano ostacoli all'incontro".
Quello che potrebbe apparire un atto di generosità nella linea del processo di riconciliazione è in realtà una decisione cinicamente studiata per uscire da una situazione imbarazzante.
Kim Young-nam, infatti, non è un sud-coreano emigrato al nord. Nell'estate del 1978 era uno studente di 16 anni che stava trascorrendo le vacanze su un'isoletta nella provincia di Cholla. Gli agenti segreti di Kim Jong-il lo hanno rapito per farne un istruttore di spie. Da allora di lui non si è saputo più niente, fino a quando l'intelligence giapponese, che cercava suoi cittadini rapiti da Pyongyang, l'ha ritrovato.
Nel 1977 anche dalla prefettura di Niigata (Giappone) era scomparsa una studentessa di 13 anni, Megumi Yokota. Negli anni successivi la stessa sorte è toccata ad altri giovani cittadini residenti in zone contigue al mar del Giappone. Il sospetto sull'identità nord-coreana dei rapitori ha preso consistenza..
Nel 2002 in occasione di una visita del premier giapponese Junichichiro Koizumi a Pyongyang, per tentare di far uscire dall'isolamento la "nazione eremita", il "caro leader" Kim Jong-il, inaspettatamente, ha ammesso che i suoi agenti avevano rapito 13 giapponesi. "I rapitori, disse, hanno realizzato quelle imprese per farsi dei meriti, ma sono già stati puniti", e ha aggiunto che cinque persone rapite erano già decedute. Tra esse ha nominato anche Megumi che si sarebbe tolta la vita in seguito a una crisi depressiva. I suoi genitori non ci hanno creduto e hanno voluto prove. Pyongyang ha allora ha consegnato le ceneri dell'infelice che, peró, dagli esami del DNA, non sono risultate le sue.
L'intelligence nipponica non si è arresa. Il 26 aprile il direttore del National Intelligence Service (NIS) sudcoreano, Kim Seoung-kyu, aveva reso pubblico quanto all'agenzia investigativa era noto da una decina d'anni, e cioè che Kim Young-nam ed altri quattro sud-coreani, rapiti nel 1977-8, erano vivi nel Nord. La scientifica giapponese, venuta in possesso del DNA di Kim Gye-gyang, figlia di Megumi, che vive a Pyongyang, e confrontandolo con quello dei parenti dei cinque sud-coreani rapiti, ha concluso e reso noto che Kim Young-nam è il marito di Megumi.
Trovatasi messa alle corde, Pyongyang, si è affrettata a informare Seoul che Kim era stato finalmente trovato (!) e che ne permetteva l'incontro con la madre. "La proposta riunione tra la signora sud-coreana e suo figlio rapito dagli agenti del nord - scrive l'editorialista del quotidiano giapponese Asahi - è parte di un complotto concepito dal governo di Pyongyang per mimetizzare i suoi crimini e rovinare la cooperazione tra Giappone e Corea del sud per la soluzione del problema dei rapimenti".
Percé Kim Young-nam e Megumi Yokota sono anche i simboli di due policy opposte nel trattare con il regime di Pyongynag: da una parte, approccio silenzioso di Seoul e dall'altra , interventi decisi e ben calibrati di Tokyo.
Il quotidiano coreano The Chosun Ilbo scrive infatti che "è deprimente sapere che il nostro governo, pur conoscendo da anni la situazione di nostri cittadini rapiti, non ha mai apertamente sollevato il problema durante gli incontri inter-coreani. E peggio ancora non ha detto niente alle famiglie che hanno agonizzato per 30 anni pensando al destino dei loro figli". Secondo il giornale l'attuale amministrazione del presidente Roh Moo-hyun è convinta che ogni provocazione del Nord non aiuta a risolvere problemi, compreso quello dei rapiti.
Opposta è la linea seguita dal Giappone. Una volta appurata la verità il governo di Koizumi ha agito. Dal 2003 otto ex rapiti giapponesi sono tornati in patria. Un' associazione privata giapponese sta offrendo un ottimo servizio anche al silenzioso governo di Seoul rendendo note al mondo le piraterie del regime del nord. Secondo quanto hanno detto alcuni transfughi nord-coreani al professor Yoichi Shimada, presidente dell'associazione, nel 1976 Kim Jong-il, l'attuale "caro leader", ha emanato un ordine segreto "per usare più sistematicamente stranieri in modo da migliorare la qualità delle nostre operazioni di spionaggio". Da quell'anno le scomparse di cittadini giapponesi e sud-coreani si sono avute a ritmo sostenuto.
L'ultima mossa del regime stalinista è astuta e crudele, perchè mira a separare le due famiglie e i rispettivi governi che stanno operando in cooperazione.