Pyongyang processa due giornaliste americane. Rischiano 10 anni di carcere
Laura Ling e Lee Seung-eun sono accusate di ingresso illegale in Corea del Nord e atti “ostili”. Analisti spiegano che il processo rientra nel gioco politico di Pyongyang per ottenere maggiori concessioni politiche ed economiche dall’amministrazione Obama. Cittadini sud-coreani “indifferenti” alle minacce nucleari del regime comunista.
Seoul (AsiaNews) – Oggi pomeriggio a Pyongyang – alle 15 ora locale – è iniziato il processo a carico delle due giornaliste americane di origine coreana, accusate inizialmente di ingresso illegale nel Paese e atti “ostili” verso la Corea del Nord.
Laura Ling e Lee Seung-eun sono comparse davanti alla Corte Centrale, il massimo organo giudiziario della capitale. L’agenzia ufficiale nord-coreana Korea Central News Agency (Kcna) non specifica i capi d’accusa a carico delle due donne, riferendo solo che il processo procederà “sulla base dell’imputazione già formulata”. Se riconosciute colpevoli, le due giornaliste potrebbero essere condannate a 10 anni in un campo di lavoro.
Analisti internazionali vedono nel processo in corso un messaggio inviato dal Nord all’amministrazione Usa. Esso potrebbe in realtà far emergere una volontà di dialogo con Barack Obama per negoziare il loro rilascio in cambio di aiuti economici e concessioni politiche.
Anche le prove di forza mostrate da Pyongyang nelle ultime settimane, fra cui il test nucleare e il lancio di missili e corta gittata, sono da inquadrare in un gioco politico mirato alla concessioni di maggiori risorse per un Paese che investe enormi capitali in armamenti, ma la cui popolazione in molte zone è ridotta alla fame.
Le reiterate minacce del regime nord-coreano, infatti, lasciano pressoché indifferenti i cittadini sud-coreani, abituati ai proclami di Pyongyang e più preoccupati della crisi economica che della questione nucleare.
Koh Yu-hwan, professore alla Dongguk University di Seoul, spiega che “la penisola coreana è divisa da tempo e le minacce dal Nord sono una prassi comune”. Il docente aggiunge che l’indifferenza è anche giustificata dal fatto che “il Nord non è in una posizione tale da consentirgli di innescare un conflitto” e i test missilistici non costituiscono “un immediato pericolo”. Michael Breen, editorialista del Korea Times, sottolinea che “la sensazione comune è che le minacce dal Nord siano tutte un bluff”, la questione nucleare sia “un affare che riguarda Pyongyang e Washington” ed è “poco probabile che divampi un conflitto nella penisola coreana”.
Anche fra le persone comuni la sensazione generale è di indifferenza, mentre prevale un senso di solidarietà fra la popolazione civile: “Dopo tutto – spiegano un gruppo di casalinghe – noi coreani del Nord e del Sud siamo fratelli e sorelle, siamo parte dello stesso popolo. Dovremmo mettere la parola fine alla guerra. Dobbiamo avere fiducia l’uno nell’altro”. (TK)
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