Prove di rivolta anche in Siria: quattro giorni di manifestazioni, con morti e feriti
Immediati e durissimi interventi delle forze di sicurezza contro coloro che hanno risposto all’appello lanciato su Facebook. Ma la situazione appare diversa da quelle di Tunisia ed Egitto, perchè non è chiaro chi possa guidare l’opposizione, che non ha una leadership, né partiti organizzati, l’una e gli altri decapitati dal regime.
Beirut (AsiaNews) – Prova ad arrivare in Siria i1 vento di rivolta che sta spazzando tutto il Medio Oriente. Manifestazioni di protesta e scontri con le forze di sicurezza, con un bilancio non ufficiale di almeno cinque morti, centinaia di feriti e un numero imprecisabile, ma elevato, di arresti sono riferite da quattro giorni nel sud del Paese, a Deraa, e anche a Enkhel, Nawa e Jassem.
Anche nel Paese mediorientale che vanta il controllo più stretto sulla stampa e sulla vita dei cittadini, il via alle manifestazioni è venuto da una pagina di Facebook. Apparsa il 15 marzo era intitolata “La rivoluzione siriana contro Bashar al-Assad 2011” e invitava a manifestare per “una Siria senza tirannia, senza leggi di emergenza né tribunali speciali, senza corruzione né furti, né monopolio delle ricchezze”.
Proteste ci sono state a Damasco e in altre numerose città, ma l’intervento della polizia ha rapidamente disperso i manifestanti. Centro della contestazione è divenuta Daraa (nella foto), un centinaio di chilometri a sud di Damasco, dove l’arresto di una gruppo di 15 scolari che aveva scritto sui muri slogan delle rivolte egiziane ha provocato una reazione popolare, sfociata nell’incendio del palazzo di giustizia. La reazione molto dura delle forze di sicurezza ha causato morti e feriti. Tra loro un ragazzino di 11 anni, Mundhir al-Masalmah, intossicato dai lacrimogeni. I funerali delle vittime, ieri, hanno visto migliaia di manifestanti davanti alla moschea al-Omari, al grido di “Dio, Siria e libertà” e “rivoluzione, rivoluzione”.
Da ieri pomeriggio, a quanto riferiscono alcuni residenti, migliaia di agenti e militari sono schierati “ovunque”, “la città è stata divisa in due e la gente non ha il permesso di passare da una parte all’altra”.
Human Rights Watch ha accusato le autorità siriane di un uso “eccessivo” della forza e chiesto di non usare le armi contro i manifestanti. La polizia, a quanto sembra, avrebbe invece ricevuto specifiche disposizioni opposte, proprio sull’uso delle armi.
Da parte sua, l’agenzia ufficiale SANA, ieri, tendeva a minimizzare, parlando di “alcuni agitatori”, mentre fonti governative lanciavano imprecisate accuse contro l’“Occidente”. Una delegazione governativa è andata a Daraa a presentare condoglianze per le vittime, gli studenti sono stati rilasciati, il presidente Assad ha promesso un’inchiesta sugli incidenti e la punizione di eventuali responsabili.
Tutto ciò, secondo attivisti, non basterà a calmare la protesta che però, come scrive il panarabo al-Hayat non appare destinata ad avere lo stesso sbocco ottenuto in Tunisia ed Egitto, anche se esuli, come Haitham al-Maleh, sentito da Al Jazeera, sostengono che “tutte le province siriane scoppieranno”, perchè “la popolazione non vuole il regime”, mentre Ribal al-Assad, cugino del presidente, intervistato dall’Afp, ritiene che il regime abbia “una piccola finestra di opportunità” per introdurre riforme che fermino le proteste.
In realtà, a parte l’onnipresenza di polizia e servizi di informazione, il problema è che non è chiaro chi possa guidare l’opposizione, che non ha una leadership, né partiti organizzati, l’una e gli altri decapitati dal regime. Gli stessi manifestanti non sembrano voler mirare alto. A Deraa, un gruppo di esponenti locali ha presentato delle richieste solo per l’abolizione delle leggi e dei tribunali speciali, che esistono da 48 anni, e la chiusura del locale ufficio della sicurezza. A governo e presidente non hanno neppure fatto cenno. (PD)
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