Profughi tamil e vedove di guerra nella Jaffna militarizzata
di Melani Manel Perera
A quasi tre anni dalla fine della guerra civile, la penisola settentrionale conta un soldato ogni 11 civili, per un totale di 40-50mila militari su 600mila abitanti. Circa 39mila vedove di guerra e 200mila sfollati interni. La popolazione tamil chiede al governo case, lavoro, terre, assistenza.
Jaffna (AsiaNews) – Un soldato ogni 11 civili, per un totale di circa 40-50mila militari su una popolazione totale di circa 600mila persone nella sola penisola di Jaffna (provincia settentrionale). A due anni e mezzo dalla fine della trentennale guerra civile, i tamil del nord dello Sri Lanka denunciano la militarizzazione dell’area (nonostante le promesse del presidente Mahinda Rajapaksa) e la lentezza del governo nell’attuare progetti di sviluppo a misura d’uomo. In occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, migliaia di tamil insieme a 40 rappresentanti di ong del sud del Paese hanno organizzato una commemorazione per chiedere alle autorità di avviare il processo di pace, e risolvere il problema degli sfollati interni e delle vedove di guerra.
Nonostante il conflitto etnico sia terminato nel 2009, gli investimenti più significativi del budget 2012 riguardano il settore della difesa, con una spesa militare di circa 230 miliardi di rupie (2,1 miliardi dollari). “Fondi esagerati – afferma Kumarvadiwail Kuruban, professore alla facoltà di Legge dell’università di Jaffna –, solo per mantenere il potere dell’esercito e assicurare benessere alle famiglie dei soldati”. Il docente spiega: “Il governo crede che ridurre la capacità dell’apparato militare porterà il Paese verso una grande crisi economica e del lavoro. Così, lo Stato sta privando i tamil della provincia settentrionale – la cui sussistenza dipende dalla pesca e dal lavoro nelle piantagioni – delle loro terre, per sfruttarle per i propri progetti turistici”.
Il coordinatore del programma People to People Dialogue on Freedom for Nations and Resettlement for Internally Displaced People, il cattolico Anthony Jesudasan, ricorda il problema degli oltre 200mila Idp del Paese, vittime sia della prima fase del conflitto (1991) che dell’ultima (2009). “In entrambi i casi – sottolinea l’uomo – vivono ancora nei campi profughi, in minuscole capanne e baracche, senza i bisogni minimi”.
Saroja Shivachandran, del Women Development Centre, ricorda che nella penisola di Jaffna ci sono circa 39mila vedove di guerra. Per queste donne che hanno perso tutto, non esiste alcun programma statale di aiuto. “Non hanno una casa – denuncia l’attivista –, un lavoro, forme minime di assistenza. Spesso hanno perso mariti, fratelli e figli. Dopo le violenze sono state isolate e abbandonate”.
“Il governo – denuncia Herman Kumara, presidente nazionale della Nafso (National Fisheries Solidarity Movement) – ha stabilito un premio di 100mila rupie (circa 675 euro) a tutti i poliziotti e i militari che avranno il terzo figlio. Quindi chiediamo di dare un acro di terra a ogni vedova di guerra, perché possa avviare un’attività, e di incontrare tutti gli Idp dei 56 campi profughi del nord e attuare progetti di sviluppo per il loro futuro”.
Nonostante il conflitto etnico sia terminato nel 2009, gli investimenti più significativi del budget 2012 riguardano il settore della difesa, con una spesa militare di circa 230 miliardi di rupie (2,1 miliardi dollari). “Fondi esagerati – afferma Kumarvadiwail Kuruban, professore alla facoltà di Legge dell’università di Jaffna –, solo per mantenere il potere dell’esercito e assicurare benessere alle famiglie dei soldati”. Il docente spiega: “Il governo crede che ridurre la capacità dell’apparato militare porterà il Paese verso una grande crisi economica e del lavoro. Così, lo Stato sta privando i tamil della provincia settentrionale – la cui sussistenza dipende dalla pesca e dal lavoro nelle piantagioni – delle loro terre, per sfruttarle per i propri progetti turistici”.
Il coordinatore del programma People to People Dialogue on Freedom for Nations and Resettlement for Internally Displaced People, il cattolico Anthony Jesudasan, ricorda il problema degli oltre 200mila Idp del Paese, vittime sia della prima fase del conflitto (1991) che dell’ultima (2009). “In entrambi i casi – sottolinea l’uomo – vivono ancora nei campi profughi, in minuscole capanne e baracche, senza i bisogni minimi”.
Saroja Shivachandran, del Women Development Centre, ricorda che nella penisola di Jaffna ci sono circa 39mila vedove di guerra. Per queste donne che hanno perso tutto, non esiste alcun programma statale di aiuto. “Non hanno una casa – denuncia l’attivista –, un lavoro, forme minime di assistenza. Spesso hanno perso mariti, fratelli e figli. Dopo le violenze sono state isolate e abbandonate”.
“Il governo – denuncia Herman Kumara, presidente nazionale della Nafso (National Fisheries Solidarity Movement) – ha stabilito un premio di 100mila rupie (circa 675 euro) a tutti i poliziotti e i militari che avranno il terzo figlio. Quindi chiediamo di dare un acro di terra a ogni vedova di guerra, perché possa avviare un’attività, e di incontrare tutti gli Idp dei 56 campi profughi del nord e attuare progetti di sviluppo per il loro futuro”.
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