Processo a riformisti rinviato per proteste in aula
Riyadh (AsiaNews/Afp) Il tribunale di Riyadh ha rinviato la seconda udienza del processo a 3 sauditi (Ali al-Demaini, Matrouk al-Faleh e Abdullah al-Hamed) arrestati lo scorso 16 marzo con l'accusa di attentato "all'unità nazionale ed al tessuto sociale fondato sui principi islamici". Nel dicembre dello scorso anno gli indagati avevano firmato una petizione in cui chiedevano al governo saudita di trasformarsi in una monarchia costituzionale. Essi sono accademici molto noti e hanno più volte criticato il gruppo costituito a difesa dei diritti umani in Arabia Saudita, ritenendolo "al servizio del ministero degli interni saudita".
Gli attivisti arrestati avevano indirizzato la lettera all'erede al trono saudita, il principe Abdallah Ben Abdel Aziz. In essa chiedevano l'autorizzazione a fondare una "commissione popolare per i diritti umani" indipendente da quella ufficiale. Il principe non ha mai risposto alla lettera.
Il processo è stato sospeso ancora prima di iniziare per "oltraggio alla corte" e "disordini in aula": più di 100 persone, fra parenti e sostenitori degli accusati, si sono accalcati per trovare posto nell'aula, mentre altri cercavano di entrare per assistervi.
I detenuti hanno chiesto 2 settimane di tempo per studiare i capi di accusa prima di presentare la strategia difensiva. Essi appartenevano ad un gruppo di 12 attivisti arrestati il 16 marzo; 6 di loro sono stati rilasciati 2 giorni dopo con la promessa di non chiedere più riforme, mentre altri 3 sono stati liberati alla fine di marzo.
Molti intellettuali sauditi in esilio seguono con attenzione le rivendicazioni di maggiore libertà individuale in patria. Essi considerano queste richieste come l'inizio di una nuova era per la difesa dei diritti umani e soprattutto del diritto di espressione.
In un libro prossimo alle stampe, Mansoor Moaddel, professore di sociologia all'università del Michigan, ha illustrato i risultati di un'indagine sui paesi arabi e il fanatismo religioso. E i risultati sono davvero sorprendenti: 6 sauditi su 10 ritiengono che la migliore forma di governo sia la democrazia.
"Nel complesso i sauditi sono meno influenzati dalla religione rispetto ad altri Paesi musulmani. In Arabia i fedeli islamici sono oltre il 90% della popolazione, ma solo il 62% dei sauditi si ritiene un devoto osservante, contro l'82% degli iraniani, l'85% dei giordani e il 98% degli egiziani. Solo il 28% dei sauditi dice di partecipare alle funzioni religiose della settimana, a fronte di un 44% dei giordani e del 42% degli egiziani".
Anche per ciò che concerne il matrimonio, i sauditi esprimono idee liberali: "Il 48% dei sauditi pensa che l'amore sia l'elemento cardine della vita coniugale; il 50% degli intervistati riporta Moaddel si dichiara favorevole ai matrimoni combinati".
L'Arabia Saudita è retta da una monarchia assoluta fondata sui principi dell'islam wahabita, uno dei più fondamentalisti. La legge islamica, la shari'ah, regge il sistema di governo. La mancanza di democrazia e libertà sta mettendo a dura prova la tenuta sociale del Paese: numerosi analisti affermano che il regime repressivo spinge molti giovani al fondamentalismo islamico e al terrorismo. (DS)