Prime manifestazioni in piazza mentre giungono a Beirut inviati del mondo arabo
Dispersi stamattina gruppi di attivisti filo-Hezbollah, all’indomani dell’annuncio che il Tribunale internazionale ha depositato l’accusa per l’assassinio di Rafic Hariri. L’esercito pattuglia le vie della capitale, dove arrivano il ministro degli esteri turco e il primo ministro del Qatar, all’indomani di un vertice a Damasco. Telefonata di Ahmadinejad a Erdogan, monito saudita a “preservare l’unità, la sicurezza e la stabilità” del Paese, mentre Obama invita a “mantenere la calma”.
Beirut (AsiaNews) - Gruppi di attivisti del movimento “8 marzo”, guidato da Hezbollah, si sono riuniti stamattina in alcune strade di Beirut, ma sono stati dispersi. Militari dell’esercito sono dispiegati nelle vie della città. Alcune scuole sono rimaste chiuse.
L’avvisaglia delle manifestazioni è avvenuta contemporaneamente all’arrivo a Beirut del ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu e del primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad. Secondo An-Nahar essi vedranno il presidente della Repubblica, Michel Suleiman, il premier Saad Hariri,il presidente del parlamento Nabih Berri e alti funzionari di Hezbollah.
Gli esponenti di Turchia e Qatar giungono in Libano all’indomani di un vertice a Damasco tra il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, l’emiro del Qatar Sheikh Hamad bin Khalifa al-Thani e il presidente siriano Bashar al-Assad. Essi, secondo l’agenzia siriana SANA, hanno deciso di dare sostegno alla mediazione siro-saudita per risolvere la crisi libanese. Il loro incontro è stato preceduto da una conversazione telefonica tra Erdogan e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, da una visita ad Ankara del viceministro degli esteri di Teheran, Ali Akbar Salesi, e accompagnato da una dichiarazione del governo saudita che invita i libanesi a “lavorare insieme per preservare l’unità, la sicurezza e la stabilità” del Paese. Da parte sua, il presidente Usa Barack Obama ha invitato i partiti libanesi a “mantenere la calma”, mentre il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha esortato a non “politicizzare” il lavoro del Tribunale speciale per il Libano.
Sono i segni evidente dell’aumento della tensione in Libano e della preoccupazione che ciò suscita nella comunità internazionale, dopo l’annuncio giunto ieri che il procuratore del Tribunale speciale per il Libano (TSL), Daniel Bellemare, ha presentato l’accusa riguardante l’assassinio nel 2005 dell’ex premier Rafic Hariri. Si tratta di un atto interno previsto dalla procedura del tribunale internazionale voluto dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, che dovrà decidere se farlo suo. I nomi delle persone accusate sono quindi ancora riservati. Indiscrezioni filtrate sostengono che ad essere indicati per la strage costata la vita, oltre che all’ex Primo ministro, ad altre 21 persone, saranno alcuni esponenti di livello di Hezbollah.
Tanto è bastato perché il movimento sciita accusasse il Tribunale di essere “parte di un complotto americano-israeliano contro il Libano e la Resistenza”, chiedesse al governo di sconfessare le conclusioni del TSL, invitasse al boicottaggio del Tribunale, minacciasse di “tagliare le mani” di chiunque osi toccare uno dei suoi esponenti e, alla fine, decidesse di uscire, e quindi far cadere, il governo di Saad Hariri, figlio del premier ucciso.
La caduta del governo, ufficialmente “di unità nazionale” che vedeva quindi la presenza di esponenti di tutti i partiti, ha aperto una crisi della quale sono del tutto imprevedibili gli sviluppi. Il presidente Suleiman, ha già deciso di spostare le consultazioni, previste per ieri, al 24 gennaio. E ancora ieri, il governatore della Banca centrale, Riad Salame, ha messo in guardia sul pericolo di un arresto della crescita economica e di una crescita del debito in rapporto al Pil. (PD)
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