02/07/2009, 00.00
IRAN
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Preoccupata per la protesta che continua, Teheran indurisce la repressione

Moussavi e Kharroubi definiscono illegittimo l’attuale governo e chiamano allo sciopero. Khatami e alcuni ayatollah li appoggiano. Il regime minaccia di incriminare Moussavi, chiude il giornale di Kharroubi, apre un’inchiesta sul medico che ha soccorso Neda. Voci di impiccagioni. E Ahmadinajad non va neppure al vertice Oua.
Beirut (AsiaNews) – La proclamazione di uno sciopero generale dal 5 all’8 luglio, la creazione di un gruppo politico per difendere i diritti della popolazione, l’affermazione dei due candidati anti-Amadinejad, Moussavi e Kharroubi, che l’attuale governo iraniano è “illegittimo”, l’aperto sostegno dell'ex presidente “riformista” Mohammad Khatami, che ha definito le elezioni un “colpo di Stato” e nuove prese di posizione di importanti ayatollah contro il risultato delle elezioni. Mentre la notte continua a levarsi dai tetti di Teheran il grido “Allah akhbar” (Dio è grande), divenuto una forma di protesta contro la repressione, sono questi i segni che continua la protesta contro il regime iraniano.
 
E qualcuno nota che nelle foto ufficiali del parziale riconteggio dei voti, si vede che le schede - con il nome di Ahmadinejad - non sono state piegate. Il che, commenta Rooz, giornale online di oppositori, è “inusuale”.
 
Il governo, da parte sua, continua a indurire la repressione. I basji, le milizie di “volontari”, hanno chiesto, riferisce l’ufficiosa Fars, l’incriminazione di Mir Moussavi, il grande oppositore del presidente Ahmadinejad; sotto inchiesta è finito Arash Hejazi, il medico che ha tentato di soccorrere la giovane Neda Aqa-Soltan – icona della rivolta - e fuggito in Gran Bretagna; è stato bloccato Etemad Melli, il giornale del riformista Mehdi Kharroubi, mentre prosegue la caccia ai blogger, principale voce rimasta dall’Iran su quanto sta accadendo.
Nel dossier repressione va posta anche una notizia, diffusa oggi solo dall’israeliano Jerusalem Post, secondo il quale sei sostenitori di Moussavi sarebbero stati impiccati. Non ne ha parlato il capo della polizia, Esmaeil Ahmadi-Moghaddam, che ieri ha fornito le cifre di 20 morti e 1.032 arrestati (la Federazione internazionale per i diritti umani ne indica duemila) nei giorni scorsi tra i manifestanti. “Nessun agente è stato ucciso”, ha specificato. Ha aggiunto che la morte di Neda “è stata una messinscena che non ha nulla a che vedere con i disordini” e per questo il dottor Hejazi è stato messo “sotto inchiesta dal Ministero dell'Intelligence”.
 
A mostrare che, malgrado l’impegno del regime, la protesta non è domata - anche se le grandi manifestazioni di piazza sembrano non poter più essere organizzate - sono oggi alcuni elementi che appaiono segnalare incertezza all’interno del potere. La prima è che Ahmadinejad, informa l’ufficiale IRNA, non andrà al vertice dei Paesi africani, dove era stato invitato dall’amico Gheddafi. Se il rifiuto del presidente di andare al G8 era “giustificato” dalle “interferenze” europee, questo appare privo di motivazioni internazionali. Sembra piuttosto provocato dal timore di allontanarsi dal campo. Il secondo elemento è dato dai nuovi interventi di grandi ayatollah a favore di Mousavi. Rooz riferisce che l’ayatollah Seyed Jalaleddin Taheri, “uno degli amici più stretti di Khomeini” e già guida della preghiera del venerdì  nella provincia di Isfahan, ha definito “illegittime” e “una usurpazione” le elezioni, mentre all’ayatollah Hadi Gafouri, il Jerusalem Post attribuisce l’affermazione che “mai” Khomeini “avrebbe voluto come suo successore Khamenei”, l’attuale Guida suprema e sponsor di Ahmadinejad. Il che conferma che è Khameni, ossia il detentore reale del potere, il vero obiettivo della protesta che coinvolge anche l’establishment religioso. Da quanto quest’ultimo è realmente coinvolto potrebbe conseguire l’esito dello scontro.
 
Tentennamenti anche in politica estera con la minaccia rivolta all’Europa di tenerla fuori dai colloqui sul nucleare, per le note accuse in interferenze, e la liberazione, in totale, di otto dei nove dipendenti iraniani dell’ambasciata inglese a Teheran, con l’ultimo che, secondo gli inglesi, potrebbe essere rilasciato oggi. (PD)
 
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