Premier pakistano: per onorare la Bhutto, fermiamo le esecuzioni capitali
di Qaiser Felix
Il primo ministro di Islamabad chiederà al presidente Musharraf un atto di clemenza in occasione del compleanno di Benazir Bhutto: la commutazione in ergastolo di tutte le sentenze di morte in attesa di esecuzione. I radicali islamici si oppongono, mentre la Chiesa appoggia ma chiede l’abolizione della pena di morte, e non un singolo atto di grazia.
Islamabad (AsiaNews) – Il primo ministro pakistano ha annunciato al Parlamento di voler chiedere al presidente Musharraf un atto di clemenza per onorare l'anniversario della nascita di Benazir Bhutto: commutare in ergastolo tutte le sentenze di morte in attesa di esecuzione. L’eventuale commutazione non andrebbe però a beneficio di coloro che sono stati condannati a morte per crimini legati al terrorismo.
Secondo i dati annuali della Commissione pakistana per i diritti umani, al momento sono oltre 7mila i detenuti in attesa dell’esecuzione. Nel 2007, sono state emesse 309 sentenze di morte e ne sono state eseguite 134. Per le organizzazioni che operano nel campo dei diritti umani si tratta di “un’ottima proposta”, mentre i radicali musulmani si oppongono, dato che la commutazione andrebbe contro i principi espressi nel Corano.
Maulana Fazlur Rahman, capo dell’organizzazione islamica Jamiat Ulema-i-Islam-Fazl, condanna con forza la proposta e chiede al primo ministro di ritirarla, perché “non in accordo con l’islam”. Sheikh Alauddin, membro dell’Assemblea provinciale del Punjab, si allinea e definisce la commutazione della pena “contraria al Corano”.
La Chiesa cattolica la pensa in maniera diversa. Per p. Bonnie Mendes, si tratta di “un passo positivo compiuto dal governo, anche se ancora si deve vedere come questo intende affrontare la questione della legge sulla blasfemia, la nostra vera preoccupazione”. Secondo Mehdi Hassan, noto intellettuale e vice presidente della Commissione diritti umani del Punjab, “la proposta va appoggiata, perché l’abolizione della pena di morte è una delle richieste più assidue presentate dalla società civile al governo”.
La pena di morte, dice Hassan ad AsiaNews, “è una punizione inumana, che non può essere ritirata come accade ad altre forme di punizione. Se un prigioniero viene condannato a morte per errore o per cavilli legali, non c’è modo di tornare indietro. Questa è una grande ingiustizia”. Un assassino, aggiunge, “ha bisogno di un trattamento adeguato, di una cura psicologica. La pena di morte non dà la possibilità di pentirsi, non permette a nessuno di migliorare o pagare per quello che ha fatto. Il fatto che la proposta non riguarda chi è stato condannato per terrorismo va letto con un’ottica politica, non sociale”.
L’opposizione a questa proposta, dice Hassan, “viene soltanto dagli estremisti, perché nel Corano vi sono diverse forme di punizione per chi uccide. È necessario soltanto mettersi d’accordo sull’interpretazione del testo sacro, ma questo ha bisogno di dialogo e confronto. Tuttavia, i diritti umani devono avere il primo posto nell’agenda della nostra società”.
Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione episcopale giustizia e pace, sottolinea: “Il Pakistan ha firmato da poco la Convenzione internazionale sui diritti politici e civili. Questa suggerisce l’abolizione della pena di morte, ed è questo lo scopo che si dovrebbe prefiggere il governo”. La commutazione una tantum, spiega, “non risolve il problema, perché sentenze di morte saranno emesse sempre. L’abolizione della pena capitale, ed un serio programma di educazione al rispetto della vita, potrebbero invece essere la vera soluzione a questa questione”.
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