03/07/2023, 08.51
KAZAKISTAN
Invia ad un amico

Poliziotti condannati per tortura in Kazakistan

di Vladimir Rozanskij

Con una sentenza che rappresenta un passo avanti importante in tema di diritti umani a quattro agenti sono state comminate pene da 2 a 7 anni di detenzione. Erano accusati di aver torturato due prigionieri, uno dei quali è morto in seguito alle vessazioni.

Astana (AsiaNews) - Il tribunale speciale per i crimini gravi della città di Šymkent in Kazakistan ha preso il 30 giugno una decisione piuttosto clamorosa per le tradizioni del Paese, condannando quattro membri della polizia da 2 a 7 anni di detenzione. Essi erano accusati di aver torturato due prigionieri, uno dei quali è morto in seguito alle vessazioni. Sia i condannati che gli avvocati delle parti lese hanno comunque contestato la sentenza, dichiarando di voler fare appello contro di essa.

L’8 dicembre 2021, il 30enne Nurbolat Žumabaev e l’amico di poco più giovane Sergej Petrov erano stati arrestati e condotti al dipartimento di polizia di Šymkent, sospettati di aver partecipato al furto di un’automobile molto costosa. Alcune ore dopo, Žumabaev è morto nell’edificio stesso. All’inizio la polizia ha dichiarato che egli “si è sentito male durante l’interrogatorio, ed è spirato prima dell’arrivo dell’ambulanza”, ma in seguito i parenti hanno reso noto di aver trovato molti segni di violenza sul corpo. L’11 dicembre Eraly Žumakhanbetov, allora direttore del dipartimento, ammise che sul sospettato era stata usata violenza, confermando la versione dei parenti, secondo cui era stato picchiato a morte. Anche Petrov dichiarò di essere stato oggetto di violenze, e ai 4 poliziotti è stata intentata una causa per crimini di tortura, che ha suscitato forti emozioni in tutta la società kazaca.

La giudice Svetlana Šynalieva ha infine emesso la sentenza, un anno e mezzo dopo i fatti, analizzati dal tribunale speciale. Daulet Ajmešov è stato condannato a 7 anni, Ualikhan Žanibekov a 7 anni, Dinmukhammed Isaev a 3 anni e mezzo e Ališer Otkirov a 2 anni, accogliendo in parte le richieste della procura, che andavano da 3 a 9 anni. Sergej Petrov, sopravvissuto alle torture, ha dichiarato che non perdonerà mai gli accusati, chiedendo alla giudice di infliggere loro la più pesante condanna possibile. I primi tre condannati sconteranno la pena in un lager di media sicurezza, privati del grado di caporali, mentre Otkirov, anch’egli ridotto al minimo livello, verrà richiuso in una prigione di sicurezza semplice. Inoltre, non potranno esercitare funzioni direttive in alcun organo delle forze dell’ordine per altri 3 anni; parte della condanna è già stata scontata dopo l’arresto, con detenzione preventiva e domiciliare, che ridurrà le pene di quasi due anni.

Al processo il procuratore ha ricordato i fatti, da quando i poliziotti avevano fermato i due sospettati in un bar, per poi picchiarli e torturarli per quasi un’ora al distretto, senza alcuna annotazione sul registro degli arrestati della questura. Ajmešov è stato il primo ad accanirsi contro Žumabaev e Petrov, prendendoli a pugni e calci e lasciandoli sul pavimento gelato, di una cella senza riscaldamento mentre c’erano quasi -30 gradi. Quindi sono stati portati in stanze diverse, e d’accordo con gli altri poliziotti, Ajmešov è rimasto da solo con Žumabaev, aggredendolo al petto con un colpo fatale.

Nella sua testimonianza, il carnefice ha spiegato che i due si erano rifiutati di fornire il pin-code dei loro cellulari, “e siamo stati costretti a usare i manganelli” per trovare le prove del loro crimine. Secondo l’autopsia imposta dal giudice, che i parenti hanno reso nota anche alla stampa, la morte potrebbe essere stata provocata anche da “elettroshock”, con segni di “emorragia interna al fegato” e “traumi allo stomaco”.

Al fratello del defunto, e allo stesso Petrov, è stata anche riconosciuta dal tribunale una compensazione di 1 milione di tenge (circa 2mila euro) da parte di ciascuno dei condannati per il danno morale, e 5 milioni (circa 10mila euro) da Ajmešov e Žanibekov, ma senza ulteriori somme da parte dello Stato. Le parti lese hanno invocato anche la messa in stato d’accusa per l’ormai ex-direttore del distretto di polizia, il generale Žumakhanbetov, per “negligenza nell’assolvimento delle sue funzioni”, ma la giudice non ha tenuto conto della richiesta.

Il corpo di Nurbolat riposa ormai nel cimitero della nativa Kostanae, e le organizzazioni umanitarie kazache e internazionali si rivolgono al governo di Astana, affinché prenda serie misure contro le torture e le violenze nelle prigioni e negli istituti d’indagine, dove non vengono riconosciuti ai sospettati nemmeno i diritti più elementari.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Ratificata la Convenzione Onu contro la tortura. Speranza per i cristiani dell’Orissa
09/04/2010
Donne kazake contro la proposta di una tassa per sposare gli stranieri
14/04/2023 08:57
Università kazache inaccessibili: studenti bloccati a Kabul
24/08/2021 08:58
Le inondazioni tra Russia e Kazakistan
16/04/2024 08:29
Astana, le battaglie parlamentari del deputato della società civile
12/03/2024 08:50


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”